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Pro e contro Jimmy

21/04/2008  |  Milano
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Pro e contro Jimmy
Jimmy Carter con il suo ultimo libro. Carter è stato presidente degli Usa dal 1977 al 1981.

Nei giorni scorsi in Medio Oriente l'ex presidente degli Stati Uniti e premio Nobel per la pace Jimmy Carter ha incontrato, al Cairo, ha incontrato una delegazione di Hamas e, a Damasco, il leader di questa formazione islamica, Khaled Meshaal. È un modo per mostrare che un accordo di pace sarebbe possibile o è un'operazione che - alla fine - rafforza solo Hamas? Le opinioni in proposito sono diverse.


Nei giorni scorsi in Medio Oriente l’ex presidente degli Stati Uniti e premio Nobel per la pace Jimmy Carter ha incontrato, al Cairo, ha incontrato una delegazione di Hamas e, a Damasco, il leader di questa formazione islamica, Khaled Meshaal. È un modo per mostrare che un accordo di pace sarebbe possibile o è un’operazione che – alla fine – rafforza solo Hamas?

Le opinioni in proposito sono diverse. E allora può essere utile – questa settimana – provare a lasciarci guidare da due articoli che scompigliano le carte. Con un editoriale di Haaretz che – controcorrente in Israele – difende Carter, e uno arabo che vicecersa l’attacca. Un buon modo per capire – al netto dei riflessi condizionati – quali siano davvero i pregi e i limiti di questa iniziativa.

Si intitola «Il nostro debito nei confronti di Jimmy Carter» l’editoriale di Haaretz. E ha il merito di ricordare il profilo di questo ex presidente degli Stati Uniti. Che – al contrario di quello che troppe voci ebraiche sostengono – non è affatto uno sprovveduto rispetto alle questioni mediorientali. Israele – sostiene Haaretz – ce l’ha con Carter fondamentalmente per un motivo: il suo recente libro Palestina: pace non apartheid. Ma lui è la stessa persona a cui si deve l’accordo di pace con l’Egitto trent’anni fa. Un accordo che – nonostante tutte le difficoltà – tiene da trent’anni. In quel testo – però- Israele si impegnava già allora a garantire «piena autonomia» ai palestinesi nei Territori. «Promesse che sono state dimenticate da Israele – scrive Haaretz -. Carter invece se le ricorda». «Il metodo Carter secondo cui è necessario parlare con chiunque – conclude l’editoriale – non si è ancora dimostrato meno efficace del metodo che invoca boicottaggi e attacchi aerei. Alla fine dei conti, in termini di riusltati, Carter batte tutti quelli che vogliano ostracizzarlo».

Di segno opposto l’analisi proposta da Tariq Alhomayed su Asharq Alawsat, quotidiano arabo edito a Londra ma molto letto anche in Medio Oriente (quest’articolo – ad esempio – è stato rilanciato dal sito palestinese Miftah). La tesi di Alhomayed è che l’iniziativa di Carter sia «una scaramuccia interna americana», che non porterà alcun risultato per la regione e per la causa palestinese. «Il vero problema di Meshaal – scrive l’editorialista arabo – è che il suo obiettivo è più una tregua con Israele che la costruzione dello Stato palestinese. Lui conduce una vita tranquilla a Damasco ed è più preoccupato di preservare l’alleanza di Hamas con l’Iran e la Siria che di unificare le file palestinesi. E la sua è la stessa posizione del resto della leaderhip di Hamas che, per paura di diventare un obiettivo dei missili israeliani, è sparita lasciando gli abitanti di Gaza ad affrontare l’aggressione israeliana. Dov’è oggi Ismail Haniyeh?». Di qui la conclusione di Alhomayed: «L’incontro tra Carter e Meshaal è più una minaccia che un’opportunità per la causa palestinese e per la riconciliazione tra le fazioni».

Due punti di vista che dicono entrambi verità scomode. Un segno importante da una regione che – in settimane nuovamente drammatiche – non ha affatto perso la voglia di pensare.

Clicca qui per leggere l’editoriale di Haaretz

Clicca qui per leggere l’articolo di Asharq Alawsat

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