Le scuole cristiane vero antidoto al fanatismo
L’emigrazione dei cristiani del Vicino Oriente è una preoccupazione costante della Santa Sede, ed è per questo che sentiamo l’urgenza di fare tutto quello che possiamo per aiutarli a restare: a cominciare dal ruolo irrinunciabile delle scuole e dagli aiuti per le case». Così l’arcivescovo Antonio Maria Vegliò, diplomatico di carriera ed ex nunzio in Libano (dal 1997 al 2001), oggi segretario della Congregazione per le Chiese orientali, commenta il Messaggio per la tradizionale Colletta del Venerdì Santo (pubblicata sul numero di Eco di febbraio, p. 7), che il Papa devolve interamente alla Terra Santa e che viene ripartita tra il dicastero delle Chiese orientali (35 per cento) e la Custodia francescana di Terra Santa (65 per cento) per progetti in Libano, Siria, Iraq, Giordania, Egitto ed in particolare Israele e Palestina.
Il presule fa scorrere il dito sulla destinazione delle offerte del 2007: «Tra i progetti più significativi – spiega – figurano i 500 mila dollari stanziati per la costruzione di dieci appartamenti a Betlemme ed altri 500 mila per la ricostruzione della scuola melchita a Maghar, in Galilea, che era stata praticamente distrutta dagli attacchi di due anni fa dei drusi contro i cristiani».
Il Messaggio per il 2008 mette in risalto il ruolo delle scuole cattoliche in Paesi a maggioranza musulmana. «La Chiesa cattolica ha sempre avuto a cuore l’istruzione: è stata la Chiesa a fondare le prime università in Europa. Anche nel Vicino Oriente – ricorda – le scuole sono tradizionalmente molto stimate per l’insostituibile opera di educazione civica, culturale e sociale che portano avanti». Anche se, com’è noto, non possono fare proselitismo, le scuole «contribuiscono a diffondere i valori della cittadinanza e dello sviluppo integrale» della persona. E questo ha una sua ricaduta soprattutto sulla condizione della donna nel mondo arabo: «Le ragazze soffrono di più anche per inaccettabili picchi di fanatismo religioso musulmano, che in molti casi le relegano ad un ruolo marginale nella società. In questi contesti l’influenza delle colte minoranze cristiane ha un grande impatto». Tali istituti inoltre rafforzano l’identità religiosa dei cristiani di nascita: «Non si fa proselitismo con le omelie ma con l’esempio», chiosa il presule. Un’attitudine che risulta particolarmente apprezzata in contesti difficili come quello dell’Università di Betlemme, l’unica università cattolica palestinese. Co-fondata nel 1973 dai Fratelli delle Scuole cristiane e dalla Congregazione per le Chiese orientali (che finanzia anche oggi circa il 10 per cento del suo bilancio annuale), oggi nell’ateneo circa 2.800 studenti (per il 70 per cento donne e musulmane) vivono una felice esperienza di convivenza con gli allievi cristiani, che si sentono incoraggiati da questo polo di alta istruzione a cercare un futuro in Cisgiordania.
«Ho vissuto personalmente – racconta – l’emorragia dei cristiani in Libano: è doloroso vedere che il vuoto che lasciano viene subito riem pito da famiglie musulmane. È proprio grazie alla presenza cristiana se il Libano è l’unico Paese del mondo arabo dove hanno un senso le espressioni democrazia, rispetto dei diritti umani, pari dignità per le donne, libertà di coscienza. E proprio perché è sotto gli occhi di tutti quali effetti stia avendo sul Paese la perdita d’influenza della minoranza cristiana, dobbiamo fare quello che possiamo per aiutarli a non lasciare la loro patria».