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Gli arabi di Galilea

13/02/2008  |  Milano
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La questione degli arabi cittadini di Israele si fa sempre più calda. Attualmente sono il 20 per cento della popolazione. Ma con gli attuali trend demografici questa percentuale è destinata a salire. E - gioco forza - è una presenza sempre più difficile da coniugare con l'idea di Israele come Stato ebraico. Due notizie interessanti tratte dai giornali di questi giorni ci mostrano come il nervo si faccia ogni giorno che passa più scoperto.


La questione degli arabi cittadini di Israele si fa sempre più calda. Attualmente sono il 20 per cento della popolazione. Ma con gli attuali trend demografici questa percentuale è destinata a salire. E – gioco forza – è una presenza sempre più difficile da coniugare con l’idea di Israele come Stato ebraico. Due notizie interessanti tratte dai giornali di questi giorni ci mostrano come il nervo si faccia ogni giorno che passa più scoperto.

La prima è apparsa su tutti i quotidiani israeliani ed è l’annuncio dato dal ministro dell’Interno Meir Sheetrit che in Galilea nascerà una nuova grande città araba. Parlando a Umm al-Fahm – che oggi è il più importante centro arabo della Galilea – ha detto che «sarà una città moderna, dove ogni coppia potrà comprare una casa e viverci, come in ogni altra moderna città del mondo». Quindi – verrebbe da aggiungere – sarà una cosa diversa da Umm al-Fahm, che con i suoi 45mila abitanti nelle statistiche israeliane figura costantemente all’ultimo posto in tutti gli indicatori sulla qualità della vita. Intorno a questa notizia sono interessanti i commenti  riportati da Arutz Sheva, l’agenzia vicina ai coloni. Un deputato di Yisrael Beiteinu – il partito di destra dei russi – definisce «bizzarro» che il governo fermi le nuove costruzioni a Gerusalemme e nei Territori e poi permetta di costruire una città per gli arabi. Vale la pena ricordare che Avigdor Lieberman, il leader di Yisrael Beitenu appena uscito dal governo, sostiene che Israele dovrebbe «liberarsi» di quest’area e cederla allo Stato palestinese in cambio di zone più strategiche. Sempre su Arutz Sheva il sindaco di Umm al-Fahm – invece – si lamenta perché mentre si promette la nuova città, nella vecchia si demoliscono le costruzioni abusive, sorte probabilmente proprio perché per troppo tempo non si è affrontato questo problema.

Dal quotidiano giordano Jordan Times, invece, veniamo a sapere di una battaglia scoppiata intorno a Google Earth. Sul popolare sito Internet è infatti ovviamente possibile scaricare le foto dal satellite anche delle città israeliane. Nel caso però di Kiryat Yam – una città costiera di 40 mila abitanti a nord di Haifa – alla mappa un internauta ha aggiunto una nota in cui si dice che qui prima sorgeva il villaggio arabo di Ghawarina. A farlo è stato Thameen Darby, un medico palestinese di Jenin, la cui famiglia era originaria della zona e fuggì durante la guerra del 1948. Ma a Kiryat Yam sostengono che la loro città è nata nel 1945 è dunque non può essere vero. E per questo motivo hanno presentato addirittura una denuncia. Probabilmente hanno ragione entrambi; perché è difficile pensare che la Kiryat Yam delle origini fosse la città di 40 mila abitanti di oggi. Crescendo deve aver inglobato anche il territorio dell’ex villaggio raso al suolo.

Il problema vero è sempre lo stesso: riconoscere che in questo intreccio complicato che è il Medio Oriente non è possibile non fare i conti con l’altro. Vale per i villaggi di sessant’anni fa. Ma vale – ancora di più – per gli arabi della Galilea di oggi.

Clicca qui per leggere l’articolo di Arutz Sheva

Clicca qui per leggere l’articolo del Jordan Times

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