Il centro dichiarato di questo libro è il dialogo tra le diverse culture e civiltà, viste a partire dai valori condivisi alla radice delle fedi maggiori (con una spiccata tendenza a privilegiare la sapienza tradizionale ebraica). L'opera non è un trattato su come si debbano comportare cristiani, musulmani ed ebrei nel loro reciproco rapportarsi. Risulta, al contrario, evidente come il possesso della sapienza che irradia dal pensiero autenticamente religioso permetta di affrontare i temi più disparati e interessanti per l'uomo.
Una tradizione narra che durante il suo pellegrinaggio Abramo coltivò un bosco e una vigna nel pieno del deserto del Negev, e in mezzo vi mise una tenda aperta verso i quattro punti cardinali, in modo che i viandanti, qualunque fosse la loro provenienza e il loro tragitto, potessero per un poco godere della celebre ospitalità del patriarca e attingere dalla sapienza delle sue labbra qualcosa del Dio di tutti i viventi.
È una tenda quasi indifesa, in cui filtra la luce di quattro orizzonti e la visione del mondo delle tre grandi fedi monoteistiche, di cui Abramo è padre; un punto fermo e accogliente, pur nella precarietà di un esilio, da cui giudicare con equilibrio e acume le vicende degli uomini. È questa l’immagine più vivida dell’ultimo libro di Massimo Giuliani, Le tende di Abramo, che raccoglie gli articoli apparsi per un paio d’anni sull’omonima rubrica dell’Adige, quotidiano che, come Avvenire e Giornale di Brescia, ha potuto offrire ai lettori, al di fuori delle sedi ordinarie del sapere, il contributo di una firma illustre nel campo degli studi ebraici e filosofici.
Il centro dichiarato del libro è il dialogo tra le diverse culture e civiltà, viste a partire dai valori condivisi alla radice delle fedi maggiori (con una spiccata tendenza a privilegiare la sapienza tradizionale ebraica), ma l’opera non è un trattato su come si debbano comportare cristiani, musulmani ed ebrei nel loro reciproco e diplomatico rapportarsi. Risulta, al contrario, evidente come il possesso della sapienza che irradia dal pensiero autenticamente religioso permetta di affrontare i temi più disparati e interessanti per l’uomo, compreso quello secolarizzato e apparentemente poco spirituale che abita l’Occidente.
E così il lettore può apprezzare lo stile acuto e non privo di ironia di Giuliani misurarsi con temi imponenti come la guerra e il perdono, l’etica, la laicità dello stato e l’accoglienza del forestiero, oppure con argomenti dolorosi, come la shoah e il suicidio, o ancora con soggetti solo a prima vista più «leggeri», come la sessualità, l’ecologia, il rapporto con gli animali, gli oroscopi…
Come fedeli e discreti compagni di viaggio del lettore, esule su questa terra proprio come Abramo nel deserto della sua vocazione, restano i libri sacri: citati, commentati, riecheggiati dalle letture dei più illuminati maestri dell’interpretazione delle Scritture, affiancati da grandi icone della filosofia laica (Nietzsche, Heidegger, Kierkegaard, Hobbes, Malebranche ed altri). A Beer Sheva, proprio dove Abramo osò piantare nella sabbia del deserto una vigna e la sua stessa dimora, ora fioriscono gli studi dell’Università Ben Gurion, specializzata in studi di botanica, o, come hanno detto alcuni ammirati visitatori, a «far fiorire il deserto». Può forse essere utile ispirarsi al grande patriarca per attenuare talvolta l’arsura del giudizio dominante o più diffuso sugli avvenimenti e sulle tensioni riguardanti la vita odierna e le relazioni tra uomini e popoli diversi.