Sono riprese quest’anno a Gerusaleme con più intensità le ricerche archeologiche intorno alle mura antiche della città. Non parlo della magnifica cortina muraria, lunga più di quattro chilometri, che fino ad oggi fa così bella mostra di sé, quella di cui Solimano il Magnifico ha voluto circondare la Città Santa nel 1541. Mi riferisco piuttosto alle mura dell’antica Gerusalemme, cioè della città biblica.
È stata preoccupazione dei visitatori cristiani della città, in ogni epoca storica, di definire con precisione il tracciato urbano della città antica, con la considerazione principale rivolta alla posizione del Golgota (Luogo del Cranio, Calvario) rispetto alle mura e alle porte della città. Disegni, incisioni e stampe, aggiunte nella pubblicazione delle loro relazioni di viaggio, sono testimoni qualificati di tale interesse.
Anche presso gli studiosi moderni si è aperto nel passato un vivace dibattito su dove esattamente passavano, e dove si dovrebbero perciò ritrovare le diverse cinte murarie cui fa riferimento lo storico ebreo Giuseppe Flavio nella sua celebre opera La guerra giudaica. Ritrovamenti vari, fatti nel corso degli anni, hanno alimentato interminabili discussioni sul primo, secondo e terzo muro di Giuseppe Flavio. Tutto questo dibattito però finiva per riguardare quasi esclusivamente il lato nord della città, quello che essendo il meno difeso dalla natura aveva richiesto una maggiore opera dell’uomo.
Sul lato sud, dove invece la valle profonda della Geenna costituisce di per se stessa un’eccellente difesa tutto all’intorno del Sion, Giuseppe Flavio si limitava ad indicare il percorso di un solo muro, «costruito dai re Davide, Salomone e loro successori» (La guerra giudaica, 5,4,1) e restaurato infine dagli Asmonei nel II secolo avanti Cristo.
In verità, proprio sul lato sud, negli ultimi anni dell’Ottocento del secolo scorso erano stati fatti sforzi notevolissimi da parte degli archeologi inglesi Frederic Jones Bliss e Archibald Campbell Dickie per l’individuazione di questo primo muro. I risultati presentarono una situazione complessa e di non facile interpretazione anche perché i ritrovamenti avvennero in condizioni del tutto disagevoli, lo scavo dovendo quasi sempre procedere sotto terra attraverso tunnel, alla luce delle candele invece che alla luce del sole. Un tipo di lavoro che oggi appare quasi incredibile.
Ecco cosa scriveva Bliss: «In superficie non si poteva osservare che qualche apertura con mucchi sempre crescenti di terra e di pietre a lato. A guardare dentro il visitatore poteva vedere prima la facciata liscia del muro più alto, poi le sue rozze fondazioni, poi i detriti su cui era costruito, più in basso il muro inferiore e poi, in fondo, la roccia, 40 piedi (13 metri) al di sotto della superficie. E se si fidava a farsi calare giù con una fune…» (F. J. Bliss – A. C. Dickie, Excavations at Jerusalem, 1894-1897, London 1897, pp. 352-353). Il resto ve lo potete facilmente immaginare!
Nuovi scavi, aperti dagli archeologi ebrei sotto la direzione di Yuval Baruch sul lato sud del Sion, immediatamente a ridosso del cimitero latino del Sion hanno riportato alla luce parte dei ritrovamenti di Bliss e Dickie mentre altri erano già visitabili all’interno del cimitero protestante a monte della strada, oltre che nello stesso cimitero latino più a valle. Sarà possibile ora rivalutare, con migliori strumenti tecnici, conoscenze scientifiche e comodità di scavo, le conclusioni cronologiche e storiche a cui eravamo precedentemente arrivati.