Molti ormai conoscono il calendario a nove bracci ebraico che, in prossimità del Natale cristiano, gli ebrei accendono per la festa di Chanukkah. Scopriamo il significato di questa usanza.
Nel mese di dicembre, con il quale si conclude l’anno solare, proprio in prossimità delle feste natalizie è possibile notare nelle piazze delle città ove è presente la comunità ebraica un candelabro a nove braccia – che ricorda come foggia la menorah, quello più noto a sette – del quale ogni sera si accende progressivamente una luce, spesso invitando autorità pubbliche e coinvolgendo i passanti in simpatiche feste di piazza.
Si tratta della festa di Chanukkah, che dura otto giorni, e che ricorda la riconsacrazione del Tempio di Gerusalemme dopo la rivolta dei fratelli Maccabei nei confronti delle imposizioni di Antioco IV Epifane che – oltre a vietare lo studio dello Scritture – voleva costringere gli ebrei al culto di Zeus. Durante questi giorni di festa, nelle famiglie ebraiche si usa giocare assieme ai bambini con una trottola, sulla quale compaiono quattro lettere che rimandano alla seguente affermazione: «Un grande miracolo è avvenuto là», cioè a Gerusalemme, dove il Santuario era stato profanato e non c’era più olio sacro sufficiente per riaccendere la menorah, ma la tradizione insegna che con il poco recuperato la medesima è rimasta miracolosamente accesa per otto giorni, il tempo sufficiente affinché i sacerdoti potessero prepararne del nuovo. Un canto tradizionale noto e ancora oggi in uso ricorda: «I greci si riunirono contro di me ai tempi degli Asmonei, smantellarono le mura delle mie torri e contaminarono tutti gli olii. Dall’avanzo di ampolle ne avvenne un miracolo… ed i saggi fissarono otto giorni di inni e lodi».
C’è anche un altro aspetto gioioso legato al cibo, che nell’ebraismo fa sempre parte degli elementi religiosi di ogni festa, e sono le frittelle (dolci o salate) cotte nell’olio – che rimanda al miracolo – e che vengono preparate e consumate insieme per rivivere la felicità di una libertà riconquistata. Tutte le feste, e in particolare quelle di libertà, vanno infatti condivise e, nei limiti del possibile, partecipate anche a chi appartiene a tradizioni religiose diverse, in quanto si fa memoria di valori che riguardano il bene dell’umanità. Per questo le luci dei candelabri della festa devono sempre essere ben visibili, sia come segno di testimonianza che di richiamo alla convivialità dei festeggiamenti, che possono diventare un significativo spazio di dialogo interculturale e interreligioso.
A tale proposito vale la pena ricordare che gli eventi storici a cui è legata questa festa ebraica post-biblica sono attestati nei libri dei Maccabei, che tuttavia non figurano nel canone biblico ebraico in quanto la tradizione – per varie ragioni – ha ritenuto di doverli escludere. Gli stessi sono invece stati riconosciuti dai cristiani come canonici o deuterocanonici. Gli ebrei celebrano pertanto un miracolo legato ad un momento della loro storia custodito dai loro «fratelli» cristiani. Curioso? Forse… ma se Antioco IV, un secolo e mezzo prima della nascita di Gesù, fosse riuscito ad imporre il culto di Zeus mettendo a rischio l’esistenza dell’ebraismo come sarebbe stato il corso della storia? Non possiamo saperlo… possiamo però riconoscere che i Maccabei, con la loro vittoria, hanno garantito il futuro del popolo al quale Gesù di Nazaret appartiene.