Storie, attualità e archeologia dal Medio Oriente e dal mondo della Bibbia

I tre patriarcati di Terra Santa

Edoardo Arborio Mella
28 gennaio 2008
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Perché tre patriarchi a Gerusalemme? Una bizzarria mediorientale in più? Forse. Ma per capirne la dinamica bisogna come sempre interrogare la storia. Il patriarca è un vescovo che esercita un potere di giurisdizione su diverse provincie metropolitane. Il titolo è orientale, e le sedi patriarcali furono fissate in modo definitivo all’epoca di Giustiniano (VI secolo). Erano Roma, Costantinopoli, Alessandria, Antiochia e Gerusalemme. Mentre Roma sviluppò una tradizione propria, gli altri quattro patriarcati procedettero assieme ed ebbero, pur fra lotte e scissioni, caratteristiche disciplinari e liturgiche sempre più simili.

All’epoca della prima crociata il patriarca di Gerusalemme era rifugiato a Cipro con tutto l’alto clero a causa delle violenze dei musulmani che governavano il Paese. I crociati ne approfittarono per installare al suo posto un patriarca latino (1099). Il Papa non confermò l’elezione ma inviò un patriarca di sua scelta. Questi prese a latinizzare la diocesi: tutto il clero fu sostituito con preti latini e perfino il patriarca di Antiochia, anch’egli in territorio crociato, fu obbligato a lasciare la sede. Alla riconquista musulmana si ricostituì la gerarchia bizantina con un patriarca, mentre la Chiesa latina riparava in Europa; rimase però il titolo di patriarca di Gerusalemme, assegnato di volta in volta a un vescovo dimorante in Europa. In Terra Santa si installarono poco a poco, unici latini, i francescani.

Finalmente nel 1847 la Santa Sede decise il ristabilimento di un patriarcato latino dotato di reale giurisdizione. Il primo patriarca fu monsignor Giuseppe Valerga, che entrò a Gerusalemme nel gennaio 1848 accolto dalle autorità turche e da una folla di cristiani ad eccezione, comprensibilmente, degli ortodossi. Il nuovo patriarcato si rafforzò e si radicò. L’attuale patriarca, Michel Sabbah, è il primo di cultura e lingua araba.

Diverso è il caso del patriarca armeno. La Chiesa armena è molto antica. Organizzata entro un regno indipendente, ebbe però sempre anche una forte presenza in Terra Santa. Per questo, e non considerandosi più in comunione con la Chiesa bizantina, fin dal VII secolo creò per i suoi fedeli una diocesi a Gerusalemme. All’inizio del XIV secolo il regno armeno, situato nella Cilicia, era sotto assedio da parte degli eserciti mongoli, mentre la Chiesa viveva duri contrasti fino a minacce di scisma. Il vescovo di Gerusalemme approfittò della generale anarchia per erigere la diocesi in patriarcato indipendente. Era il 1331. Poco dopo il regno armeno cadde. Vennero poi i turchi, che nelle relazioni con le minoranze ebbero sempre come politica di scegliere un capo comunità responsabile di fronte al potere. Così a Costantinopoli tutti i cristiani di tradizione bizantina furono affidati al patriarca già esistente, e fu creato un patriarcato armeno per tutti i cristiani non-calcedonesi («monofisiti»). A Gerusalemme i due patriarcati c’erano già, ed essi ricevettero le stesse prerogative.

Nella situazione che si è descritta i patriarchi erano anche funzionari statali. Ecco perché occorreva loro un riconoscimento del sultano, ottenendone personalità giuridica. Tale prassi, spogliata delle sue motivazioni, passò poi ai governi della regione, che talvolta la condizionano ai loro interessi politici. Ad essa sono sottomessi solo i patriarchi greco e armeno. I latini infatti rifiutarono inizialmente tale regime, appoggiando se stessi e i loro fedeli sulla potenza francese: scelta che oggi dà loro un’invidiata libertà.

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