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Anche il lago di Tiberiade è malaticcio

03/01/2008  |  Milano
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Anche il lago di Tiberiade è malaticcio
Un tratto del corso del fiume Giordano in Galilea. (foto J. Kraj)

Se il Mar Morto è in coma, il lago di Tiberiade non gode certo di buona salute. La sete che sta prosciugando il bacino salato più grande del mondo colpisce anche il suo vicino d'acqua dolce. In costante diminuzione da ormai cinque anni, il livello della principale riserva di acqua potabile d'Israele ha perso in un solo anno 42 centimetri. Il segnale d'allarme suona non solo per l'agricoltura israeliana, ma anche per le conseguenze negative che la carenza d'acqua può scatenare nei rapporti con gli Stati arabi circonvicini.


Se il Mar Morto è in coma, il lago di Tiberiade non gode certo di buona salute. La sete che sta prosciugando il bacino salato più grande del mondo colpisce anche il suo vicino d’acqua dolce. In costante diminuzione da ormai cinque anni, il livello della principale riserva di acqua potabile d’Israele ha perso in un solo anno 42 centimetri, scendendo in questi giorni, fino a meno 212,59 metri, quasi quattro metri sotto la linea rossa. Un segnale d’allarme non solo per l’agricoltura israeliana, che vede ridotte di anno in anno le proprie riserve idriche, ma anche per le conseguenze che la carenza d’acqua può scatenare nei rapporti con i vicini Stati arabi.

Non sarebbe la prima volta che l’oro blu incendia i confini mediorientali. Le contese Alture del Golan, sottratte alla Siria e annesse ad Israele dopo la Guerra dei Sei Giorni nel 1967, furono uno dei principali obiettivi di conquista fin dalla nascita dello Stato. I torrenti che scendono dall’altopiano al confine con la Siria, garantiscono infatti al lago di Tiberiade (chiamato anche Mar di Galilea o lago Kinneret) un costante apporto d’acqua. Destinata ad irrigare il deserto del Negev grazie all’acquedotto nazionale.

Lo stesso fiume Giordano, affluente principale del lago, ha registrato negli ultimi decenni un calo di portata pari a circa l’80 per cento. Ma il controllo delle sue acque è stato sempre oggetto di contesa con la vicina Giordania. Uscendo dal lago di Tiberiade, il Giordano scorre per gran parte del suo percorso verso il Mar Morto lungo il confine con la Cisgiordania. Fino ad oggi Israele ha deviato la maggior parte del flusso del fiume, impedendo all’agricoltura palestinese di svilupparsi autonomamente e producendo pesanti ripercussioni sulle già povere capacità di approvvigionamento idrico giordano. Mentre solo il 3 per cento del bacino del Giordano si trova in Israele, infatti, il fiume soddisfa il 60 per cento delle esigenze idriche del Paese. Così, alla fine degli anni Cinquanta, la Giordania progettò una serie di dighe da costruire sugli affluenti del fiume Yarmuk, uno dei principali tributari del Giordano. Preoccupato che le costruzioni potessero compromettere i suoi diritti sulle acque, nel 1964 Israele bombardò il progetto ancora in costruzione. Dando così inizio al conflitto che sfociò nella Guerra dei Sei Giorni. Alla fine dei combattimenti Israele si aggiudicò il controllo di quasi tutto il bacino del Giordano superiore.

Dal 1994 un accordo internazionale tra Giordania e Israele regola la distribuzione dell’acqua proveniente dalla Galilea. Ma la desertificazione della regione continua a produrre effetti negativi sul sistema idrico dei Paesi circostanti. Oltre alla salinizzazione delle acque giordane, si sono avute ripercussioni negative anche in Libano e in Siria. Se oggi l’accesso all’acqua è fonte di tensione nella regione, la costante diminuzione dei bacini utilizzabili costituisce la minaccia ambientale più pericolosa per la sicurezza e la stabilità del Medio Oriente.

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