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Una perla di museo

Paola Rampoldi
12 dicembre 2007
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Una perla di museo
Alcune suppellettili di uso liturgico appartenenti al tesoro della basilica di Betlemme, oggi conservati nel museo della Flagellazione a Gerusalemme.

Presso lo Studium Biblicum Franciscanum di Gerusalemme si trova un museo che documenta le ricerche degli archeologi francescani in Terra Santa. Un radicale progetto di ristrutturazione ne richiederà per molti mesi la chiusura.


Archeologia e studi biblici si intersecano inevitabilmente a Gerusalemme, e producono veri e propri tesori di cultura. È il caso del piccolo ma prezioso Museo dello Studium Biblicum Franciscanum – anche noto come Museo della Flagellazione – dove ha sede la facoltà di Studi biblici e Archeologia della Custodia di Terra Santa (associata alla Pontificia Università Antonianum di Roma).

La ricerca archeologica biblica comporta fatica e un costante accostamento tra i testi sacri e la realtà storica. Il museo nasce così con un duplice compito: da un lato quale luogo di conservazione dei preziosi reperti emersi durante gli scavi; dall’altro come strumento di studio, approfondimento e continua ricerca da parte dei religiosi dell’ordine francescano. Attualmente direttore del Museo è padre Michele Piccirillo, professore di Storia e Geografia biblica; ma le origini dell’istituzione risalgono a più di un secolo fa.

La prima sede del museo fu aperta nel 1902 in un locale del convento di San Salvatore dove un anno prima erano iniziati i corsi di studi biblici per i religiosi dell’Ordine francescano.  In seguito all’apertura dello Studium nel convento della Flagellazione – da qui poi il nome oggi utilizzato -,  si decise anche di trasferirvi il museo per affiancarlo alla biblioteca come necessario complemento di studio e di ricerca. L’inaugurazione della nuova sede avvenne il 10 febbraio 1931.

Da quella data, la conformazione architettonica del museo non è cambiata. Ma il tempo passa e i criteri museali si evolvono. Così si è deciso che la presentazione delle collezioni, che già fu rinnovata nel 1981, lo sarà nuovamente e più radicalmente, secondo un progetto di ristrutturazione che richiederà certamente una chiusura di molti mesi.

Per rendersi conto dell’importanza del museo della Flagellazione e dell’opportunità di valorizzare ulteriormente questa istituzione, basta fare una visita alle sue dodici sale. La collezione è attualmente suddivisa principalmente in base alla regione di appartenenza degli scavi. Nell’ingresso vi è una breve storia dell’attività archeologica e scientifica dello Studium con sculture di epoca crociata provenienti dal Santo Sepolcro, da Betania e dal Getsemani. Una collezione di busti funerari provenienti da Palmira e tre frammenti di un mosaico pavimentale del II-III secolo d.C., scoperto a Balqis in Siria con le personificazioni delle province romane: Germania, Africa, Mauritania.

La prima sala è dedicata allo scavo di Nazaret. Copie a grandezza naturale dei cinque capitelli della basilica crociata scoperti in una grotta nei pressi della basilica e frammenti originali di sculture crociate, ceramiche bizantine e romane, sono i principali oggetti esposti.

Si passa poi agli scavi realizzati a Cafarnao. Qui rilevanti sono i graffiti sugli intonaci colorati appartenuti alla domus ecclesia e le ceramiche trovate nei pavimenti in battuto risalenti al tempo di Gesù. Uno spazio della sala è riservato allo scavo di Magdala, di cui i recenti scavi hanno messo in luce una strada, una piazza e alcune abitazioni.

Nella terza sala, dedicata allo scavo presso il Dominus Flevit sulle pendici occidentali del Monte degli Ulivi, si trovano reperti di una tomba gebusea del XV-XIV secolo a.C. scoperta nella necropoli a sud ovest della cappella bizantina che ricordava ai cristiani il pianto profetico di Gesù sulla città santa. Secondo padre Piccirillo, le diverse tipologie di vasi ivi esposte, sono il migliore esempio finora venuto alla luce della cultura materiale degli abitanti pre-davidici di Gerusalemme. Inoltre è interessante osservare le iscrizioni graffite o tracciate a cartone sulle pareti degli ossari in pietra tenera di epoca romana. È esposto anche il «monogramma costantiniano» tracciato a carbone sulla parete di un ossario. Sempre in questa sala vi si incontra un sarcofago di epoca erodiana tra i più belli trovati a Gerusalemme, le cui pareti sono decorate a motivi floreali.

Gran parte dello spazio dedicato al Monte degli Ulivi è occupato dai reperti dello scavo di Betania, ma vi sono esempi anche di oggetti appartenenti alla basilica del Getsemani, alla Grotta degli Apostoli, alla Tomba della Madonna, all’Ascensione e a Betfage. Vi sono anche oggetti provenienti dallo scavo della fortezza erodiana dell’Herodion e due frammenti dei manoscritti ritrovati nelle grotte di Qumran.

La sesta sala è destinata agli scavi al monte Nebo in Transgiordania, che padre Piccirillo dirige dal 1973.

La stanza successiva presenta invece oggetti legati al movimento monastico nel deserto di Giuda. Qui si trova un’interessante iscrizione dedicatoria in lingua georgiana, scoperta nel monastero di Bir el-Qutt, presso Betlemme. Lungo le pareti sono esposti oggetti provenienti dalla Galilea e dalla Giudea, con ampolle in terracotta recanti lo stampo del Calvario.

Notevole risalto è dato anche alle diverse tipologie della ceramica palestinese, disposte in ordine cronologico, e alla collezione egiziana che comprende sarcofagi, maschere funerarie, sculture, epigrafi, steli funerarie, scarabei e ceramica di differenti periodi.

Lo spazio più ampio, l’ultimo, è denominato salone delle collezioni, dedicato al tesoro degli oggetti liturgici della basilica di Betlemme ritrovato agli inizi del secolo nell’area del convento francescano annesso alla basilica. Al tesoro di Betlemme si aggiungono numerosi altri oggetti: bronzi, tra cui una lucerna proveniente dall’Egitto e un crocifisso di epoca crociata; sigilli di epoca paleo-babilonese, persiana, bizantina, e alcune bolle di epoca crociata (bolla di Papa Lucio III (1181-1185), re Baldovino, Boemondo principe di Antiochia, Simeone patriarca di Antiochia, e di papa Onorio III); tavolette in terracotta provenienti dall’area mesopotamica; vetri di epoca romano-bizantina e provenienti dai siti palestinesi o di Giordania; pesi di epoca romano-bizantina; un anello d’oro con la scena dell’Annunciazione, alcune crocette in bronzo o pietra, amuleti in rame con scena di Salomone a cavallo che trionfa e tre laminelle; il modellino in legno d’ulivo e madreperla della basilica del Santo Sepolcro del XVII secolo; la pinacoteca con tavole della scuola tirolese dei Pacher; la collezione di vasi della farmacia di San Salvatore, unica nel suo genere.

La raccolta epigrafica è invece in una sezione a parte del museo, e include reperti in greco, latino, aramaico, ebraico antico, siriaco, arabo, paleo-babilonese; assiro. Sono esposte anche due epigrafi in lingua georgiana portate alla luce dall’archeologo francescano padre Virgilio Corbo nel monastero di Bir el-Qutt presso Be tlemme. L’augurio è che tutta questa ricchezza sia presto  nuovamente di sponibile al pubblico, con una sistemazione più consona e funzionale.

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