Si fanno sempre più frequenti, in Egitto, speculazioni sul precario stato di salute di papa Shenuda III stanno alimentando, nelle ultime settimane, ipotesi e scenari sulla successione allo stesso patriarca della Chiesa copta ortodossa d'Egitto. Stando a indiscrezioni filtrate attraverso i media egiziani, il patriarca soffre di un male ai reni e di problemi alla cistifellea, che lo obbligano a cure negli Stati Uniti e in Germania. Vari esponenti della Chiesa copta sottolineano che il patriarca è ancora pienamente in grado di far fronte ai suoi impegni. Intanto, però, si traccia il profilo di un successore degno.
Le sempre più frequenti speculazioni sul precario stato di salute di papa Shenuda III stanno alimentando nelle ultime settimane ipotesi e scenari sulla successione allo stesso patriarca della Chiesa copta ortodossa d’Egitto. Stando a indiscrezioni filtrate attraverso i media egiziani, il patriarca soffre di un male ai reni, che richiede un trattamento di dialisi, e di problemi alla cistifellea, per i quali è obbligato a cure negli Stati Uniti e in Germania. È bastato un suo ricovero all’ospedale del Cairo, subito dopo un trattamento terapeutico a Cleveland, negli Usa, a far sollevare nuovi dubbi sulla sua tenuta fisica, nonostante che esponenti della Chiesa copta si siano affrettati a sottolineare che Shenuda III è ancora pienamente in grado di far fronte ai suoi impegni.
Molto amato dai quasi dieci milioni di fedeli di un’istituzione religiosa dalla tradizione millenaria, Shenuda III ha da poco celebrato il trentaseiesimo anniversario della sua elezione a patriarca (14 novembre 1971). Il dibattito sull’eventuale successione giunge in un periodo delicato per la Chiesa copta, che è spesso apparsa negli ultimi tempi spaccata al suo interno in gruppi di potere con visioni teologiche e «politiche» alquanto distanti tra loro. Una situazione che secondo gli osservatori ha contribuito a indebolire l’istituzione ecclesiastica, peraltro in un momento in cui sempre più forte si fa invece in Egitto la minaccia rappresentata dal fondamentalismo islamico.
Tre sono i nomi che più ricorrono per l’eventuale successione a Shenuda III: quelli di anba Bishoi, segretario del Santo Sinodo e responsabile dei tribunali ecclesiastici, di anba Moussa, attualmente responsabile dei giovani, e di anba Yoannis, il meno anziano dei tre. Il primo, anba Bishoi, è forse quello più vicino all’attuale patriarca, ma in molti ne sottolineano il carattere particolarmente autoritario. «Abusa della fiducia che il papa ha riposto in lui», dice ad esempio senza mezzi termini l’intellettuale copto Gamal Assaad, secondo il quale anba Bishoi non esita a «punire tutti coloro che si trovano in conflitto con lui», oltre a interferire con gli affari interni delle parrocchie.
Un altro intellettuale, Milad Hanna, sorvola invece sui nomi e fa notare come siano cambiati i criteri di nomina per la leadership della Chiesa copta. «Tradizionalmente il papa veniva scelto tra i monaci di monasteri sconosciuti e portato improvvisamente alla ribalta del patriarcato, un sistema che consentiva di evitare lotte di potere tra i vescovi per il papato. Oggi le cose stanno diversamente, e tutti si aspettano che il papa sia un vescovo noto, istruito e che abbia servito al meglio la sua diocesi».
A rompere con la tradizione furono proprio la nomina di Shenuda III e, ancor prima, quella del suo predecessore, Cirillo VI, eletti con le norme in vigore dal 1957 e valide ancora oggi. Norme che però, secondo quanto sottolineato al settimanale Al-Ahram Weekly da Gamal Assaad, «mal si conciliano con la società contemporanea». Anba Moussa, uno dei tre principali candidati all’elezione, ha riferito che lo stesso Shenuda III «riconosce che quelle regole necessitano di modifiche», ma ciò richiede «un lungo processo».
Quel che conta, comunque, è che l’eventuale successore dell’attuale patriarca, che ha fatto della difesa dei diritti dei copti e della ricerca dell’unità dei cristiani le due pietre miliari del suo mandato, sappia far fronte sia alle attuali tensioni interne alla Chiesa stessa sia all’avanzata dell’oltranzismo islamico, ben rappresentato in Egitto da movimenti come i Fratelli musulmani. Sarà importante anche il mantenimento dei buoni rapporti con il presidente Hosni Mubarak. Fu proprio quest’ultimo, nel 1985, a revocare l’esilio imposto quattro anni prima a Shenuda III dal presidente Muhammad Anwar Sadat. Da allora i due hanno mantenuto buoni rapporti, e lo stesso Mubarak ultimamente si tiene regolarmente informato sullo stato di salute del patriarca.