Non ci stancheremo mai di ripeterlo: non si capisce davvero il Medio Oriente se ci si ferma solo alla politica. Perché sono le sue storie a rendere questa terra unica al mondo (e anche per questo motivo così contesa). Un esempio straordinario lo troviamo nell'articolo che rilanciamo oggi. Apparso sul quotidiano Haaretz narra la storia di un frammento del Codice di Aleppo, la versione più antica oggi conosciuta della Bibbia ebraica. Un manoscritto detto anche Testo Masoretico, redatto a Tiberiade intorno all'anno 920.
Non ci stancheremo mai di ripeterlo: non si capisce davvero il Medio Oriente se ci si ferma solo alla politica. Perché sono le sue storie a rendere questa terra unica al mondo (e anche per questo motivo così contesa). Un esempio straordinario lo troviamo nell’articolo che rilanciamo oggi, che narra la storia di un frammento del Codice di Aleppo, la versione più antica oggi conosciuta della Bibbia ebraica. Un manoscritto detto anche Testo Masoretico, redatto a Tiberiade intorno all’anno 920.
Come spiega Haaretz, oggi un frammento del codice verrà consegnato dai discendenti di un ebreo siriano agli studiosi israeliani. Una piccolissima porzione, pochi centimetri quadrati, ma con un passo dell’Esodo simbolicamente molto importante: le parole di Mosé al Faraone «Lascia andare il mio popolo». L’intero manoscritto era custodito nella sinagoga di Aleppo fino a quando, nel 1948, questo luogo fu incendiato dagli arabi durante le reazioni violente seguite alla proclamazione dello Stato di Israele. In un primo tempo si temette che il Codice fosse bruciato. Invece nel 1958 riapparve, anche se danneggiato: delle 487 pagine originali ne erano rimaste solo 294. E il Pentateuco oggi inizia solo da metà del Deutoronomio. Una parte del testo mancante è il frammento custodito per anni dall’ebreo di Aleppo Sam Sabbagh. Nella sinagoga in fiamme lui trovò alcune pagine del libro sparse. E non potendole portare via tutte nella fuga prese con sé quel frammento. A questa porzione della Torah ha attribuito la sua salvezza in quel frangente disperato: da quel giorno l’ha messo in una bustina di plastica e l’ha portato sempre con sé. Non se n’è separato neanche quando nel 1968 è emigrato negli Stati Uniti e ha fatto fortuna. Fino a quando – due anni fa – è morto. Una vita intera intrecciata a un frammento della Torah. È la piccola grande storia dell’ebreo Sam Sabbagh.
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