Salutiamo la nomina del patriarca caldeo di Baghdad a cardinale: è un onore e un riconoscimento alle sofferenze del popolo iracheno. Sua Beatitudine Emmanuel III Delly, ottant’anni compiuti il 6 ottobre scorso, è originario di Telkaif, nell’Iraq del nord. Nel 1952 era stato ordinato sacerdote della Chiesa caldea e 10 anni dopo – il 16 dicembre 1962 – era divenuto vescovo.
A Emmanuel III è toccata la gravosa responsabilità di succedere nel dicembre 2003 a mons. Raphael Bidawid I, morto nel luglio dello stesso anno. L’elezione di Delly a patriarca si era rivelata particolarmente delicata a causa della situazione irachena, con l’occupazione militare americana e forti tensioni interne alla stessa Chiesa caldea. Emmanuel III si è impegnato con forza nel dare voce agli appelli delle comunità cristiane irachene, chiedendo la fine della «persecuzione interna ed esterna» che colpisce i cristiani.
La comunità caldea irachena si trova oggi dispersa in tutto il mondo. Tra Libano, Egitto e Siria si contano circa un milione e mezzo di fedeli. Il loro centro rimane da millenni l’Iraq, con Baghdad quale sede del Patriarcato, dove i caldei erano almeno 800 mila prima del 2003. La persecuzione dei cristiani nel Paese ha costretto numerose famiglie alla fuga. Non si conoscono i numeri esatti di questa diaspora, ma stime non ufficiali attestano che i caldei in patria non sarebbero più di 200 mila.
L’elevazione alla porpora dell’anziano patriarca (il Concistoro è fissato per il 24 novembre) è stata accolta con commozione dai tanti cristiani caldei fuoriusciti. È un segnale forte che il Papa non intende abbandonare questo suo gregge. E un monito a tutte le Chiese del mondo (e alle autorità civili) perché non dimentichino la sorte dei cristiani iracheni.