Si parla molto delle tante questioni lasciate aperte dalla dichiarazione israelo-palestinese di Annapolis. E di come la scadenza del 2008 fissata per il negoziato sia quanto meno un po' azzardata. Il rischio, però, è quello di fermarsi al Risiko dei confini e delle armate. Quando invece la possibilità della pace si gioca su ben altro. Lo spiegano molto bene due notizie uscite in queste ore in Israele e in Palestina. Ve le riassumiamo
Si parla molto delle tante questioni lasciate aperte dalla dichiarazione israelo-palestinese di Annapolis. E di come la scadenza del 2008 fissata per il negoziato sia quanto meno un po’ azzardata. Il rischio, però, è quello di fermarsi al Risiko dei confini e delle armate. Quando invece la possibilità della pace si gioca su ben altro. Lo spiegano molto bene due notizie uscite in queste ore in Israele e in Palestina.
La prima la prendiamo da un articolo di Yedioth Ahronot che rilancia un dato sorprendente. Chi è il personaggio con il maggior numero di strade intitolate in Israele? Non è il padre della patria David Ben Gurion. Non è nemmeno il fondatore del sionismo moderno Theodore Herzl. Il più «popolare» è Ze’ev Jabotinsky, l’icona di quel sionismo revisionista che è l’antenato dell’odierno Likud. Un nazionalista non proprio moderato: ad esempio nell’inno del Betar, il movimento da lui fondato, fin dagli anni Trenta proclamava che «il Betar sarà principe e governatore dello Stato ebraico, e governerà su questa sponda e sull’altra del fiume Giordano». Se fin nella toponomastica certe idee sono radicate, ci si può stupire delle tante resistenze a rinunciare agli insediamenti o ad alcuni quartieri di Gerusalemme Est?
Ma anche da parte palestinese basta poco per far capire come l’idea di un accordo vero con Israele sia ancora lontana. Lo spiega bene l’altra notizia che rilanciamo, tratta dall’agenzia palestinese Maan. Racconta di come sia stata affossata l’idea del mega-concerto che OneVoice, una delle organizzazioni che lavorano per la riconciliazione, voleva organizzare a Tel Aviv e a Gerico in contemporanea alla conferenza di Annapolis. L’aspetto più sconcertante è che il Pacbi (Palestinain Campaign for the Academic and Cultural Boycott of Israel) presenta questo flop come una vittoria della società civile che vuole la «piena realizzazione dei diritti inalienabili del popolo palestinese».
I nostalgici di Jabotinsky e i maestri del boicottaggio: sono loro gli ostacoli più pericolosi sulla strada inaugurata ad Annapolis.
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