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Cartolina da Gerusalemme del parroco della parrocchia latina di San Salvatore.

Giappone, la pace dalle ceneri dell’atomica

padre Ibrahim Faltas
9 novembre 2007
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Giappone, la pace dalle ceneri dell’atomica
Il gruppo di ragazzi della Terra Santa con alcuni coetanei giapponesi.

Nel numero scorso abbiamo raccontato il viaggio di due gruppi dei nostri ragazzi aderenti al  progetto «Educare alla pace» in Italia. Un terzo gruppo ha affrontato nel mese d’agosto il grande e lungo viaggio verso il Giappone. Siamo ormai diventati un po’ veterani di questa esperienza che ogni due anni si ripete e che viene sapientemente organizzata dalla signora Hyroko Hanoui, presidente di una associazione che si occupa dei bambini della Terra Santa.

Il Giappone ai nostri occhi si presenta come una terra così diversa, carica di una bellezza lontana dagli aridi deserti del Negev, o dagli spazi ristretti in cui siamo abituati a vivere nelle nostre città israeliane e palestinesi. Ma ciò che colpisce di più è la gente. Il popolo giapponese – risorto dalle ceneri della bomba atomica –  è per tutti, un esempio e una testimonianza. Anche noi palestinesi israeliani, dobbiamo raccogliere la nuda terra e plasmarla come un’opera d’arte, creando con le nostre mani un vero capolavoro che parli di dialogo e di pace.

I giorni in Giappone sono stati densi di attività e incontri, come a voler significare che il tempo è prezioso e nulla deve essere sprecato. Emozionante è stato l’incontro dei ragazzi con gli amministratori locali, soprattutto quando un ragazzo musulmano di Betlemme, che da dieci anni non può visitare Gerusalemme, ma grazie al progetto «Educare alla Pace»  è arrivato sino in Giappone,  ha  rivolto il  saluto a nome di tutti in lingua giapponese.

All’ultimo incontro sul tema «Pace, missione impossibile o missione possibile?» hanno partecipato  proprio  tutti: ragazzi israeliani e palestinesi, giapponesi, educatori, organizzatori… Il dibattito si è svolto con vivacità ma soprattutto con la convinzione che già si sta lavorando per la pace. Di  comune accordo le parti hanno firmato una dichiarazione conclusiva: «Comincia con il  fare ciò che è necessario; poi fai ciò che è possibile; improvvisamente farai l’impossibile».

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