Si moltiplicano le voci scettiche in questa ormai lunga vigilia della Conferenza di Annapolis, in programma per martedì negli Stati Uniti. La notizia di oggi è una bozza di quella che dovrebbe essere la dichiarazione di principi comune: un testo molto vago. E per di più - al 17 novembre, data cui risale questa bozza - ancora piena di frasi introdotte dalla sigla I. o P., cioè punti proposti da un parte e non accettati dall'altra. In questo clima diventa molto interessante l'articolo di Sami Khouri, opinionista del quotidiano libanese The Daily Star, che rilanciamo oggi.
Si moltiplicano le voci scettiche in questa ormai lunga vigilia della Conferenza di Annapolis, in programma per martedì negli Stati Uniti. La notizia di oggi è una bozza di quella che dovrebbe essere la dichiarazione di principi comune: un testo molto vago. E per di più – al 17 novembre, data cui risale questa bozza – ancora piena di frasi introdotte dalla sigla I. o P., cioè punti proposti da un parte e non accettati dall’altra. In questo clima diventa molto interessante l’articolo di Sami Khouri, opinionista del quotidiano libanese The Daily Star, che rilanciamo oggi. Pur condividendo tutte le riserve, Khoury va controcorrente dicendo che il mondo arabo non ha nulla da perdere e tutto da guadagnare ad Annapolis. A patto di giocare le carte le giuste. Perché Annapolis sarà un grande palcoscenico e – come insegna quanto avvenuto a Camp David nel 2000 – sarà decisiva l’immagine che ciascuno saprà dare di sé.
«I palestinesi e gli arabi, inclusi sauditi e siriani – scrive Khouri -, dovrebbero annunciare che sono lieti di andare ad Annapolis se invitati, perché lo considerano un dovere morale e un tentativo politico costruttivo per esplorare tutte le possibili strade per avanzare verso una soluzione negoziata del conflitto arabo-israeliano. Gli arabi dovrebbero usare Annapolis come un formidabile palcoscenico dal quale parlare al mondo, compresi i cittadini israeliani che guarderanno con attenzione a questo evento. Dovremmo usarlo come un’occasione per manifestare chiaramente il nostro desiderio di negoziare una pace duratura, basata sul piano di pace elaborato dalla Lega Araba nel 2002, e per svelare ancora una volta il vuoto e la mancanza di sincerità delle posizione israeliane e americane. Se poi gli israeliani e gli americani questa volta fanno sul serio – conclude Khouri – lì potranno dirlo chiaramente. Annapolis non sarà un processo di pace serio, ma è un palcoscenico che gli arabi possono utilizzare per sfidare Israele, gli Stati Uniti e il mondo a promuovere la pace in maniera più sincera rispetto all’imprecisione e all’evasività che ha caratterizzato la strada nebbiosa attraverso cui siamo arrivati a questo incontro».
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