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Aleppo culla della fede

Giuseppe Caffulli
9 novembre 2007
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Aleppo culla della fede
Tamburini scout aprono una processione mariana per le vie di Aleppo. (foto G. Caffulli)

In questa antica città siriana i Frati minori sono impegnati nella pastorale parrocchiale e nell'animazione vocazionale. La testimonianza del Vangelo in una terra a maggioranza islamica.


La banda degli scout precede la statua della Madonna, infiorata come si conviene nelle grandi occasioni. I tamburi battono forte, per sovrastare il frastuono del traffico cittadino, che è un flusso inarrestabile. I fedeli cantano e pregano sgranando rosari, procedendo su due file parallele. La processione si snoda tra le vie strette e poi sbuca sul piccolo sagrato della chiesa. Sui balconi delle case del quartiere, drappi azzurri e lumini votivi.

Siamo ad Aleppo, quartiere cristiano di Azizieh. E stenteresti a credere che in Siria, Paese a maggioranza musulmana, sia possibile professare pubblicamente la propria fede. La parrocchia è quella retta dai frati minori della Custodia di Terra Santa. Francescano è anche il vescovo, mons. Giuseppe Nazzaro, che è stato in passato anche Custode di Terra Santa.

In città, la seconda più popolosa della Siria, vive ancora oggi una consistente comunità cristiana: 220 mila fedeli di una decina di denominazioni. Aleppo è attualmente il terzo centro per numero di cristiani del Medio Oriente, dopo Il Cairo e Beirut. Una realtà importante, ma che sconta le difficoltà legate alla situazione economica e all’emigrazione massiccia dei cristiani in Europa e negli Stati Uniti.

«Nel 1967 – spiega mons. Giuseppe Nazzaro, vicario apostolico per i latini – Aleppo contava un milione di abitanti. La metà allora era cristiana. Oggi su 3 milioni di abitanti, i cristiani sono appena 220 mila, di cui circa la metà cattolici dei vari riti. I fedeli latini sono 6 mila solo ad Aleppo, 18 mila in tutta la Siria. L’esodo dei cristiani è avvenuto prima di tutto a causa della nazionalizzazione dell’istruzione e alla chiusura delle scuole cattoliche decisa dal regime di Damasco dopo la Guerra dei sei giorni. Moltissime famiglie cristiane e molti professori hanno lasciato la città, passando in Libano e da lì all’estero. Poi la crisi economica, la pressione dell’islam fondamentalista e la chiusura politica del Paese hanno fatto il resto. Oggi non è rimasto granché della grande Chiesa di Aleppo».

La lenta ma inesorabile diminuzione numerica dei cristiani aleppini preoccupa non poco, ma consola d’altra parte l’immagine di una Chiesa viva, di un laicato consapevole, di un tessuto ecclesiale che tutto sommato tiene. «Basta partecipare alle nostre messe e alla nostra vita comunitaria per rendersi conto di quanta fede ci sia ancora ad Aleppo – afferma mons. Nazzaro -. Proprio per questa ragione credo che come Chiesa si debba seriamente riflettere sul nostro impegno in città come nel resto del Paese. La Siria, nonostante le difficoltà, è un terreno da sempre fertile per la Chiesa».

Nel Centro giovanile di El Ram, sempre nel quartiere cristiano di Azizieh, si può toccare con mano quanto Aleppo possa essere ancora oggi un giardino della fede nel tormentato Medio Oriente. Responsabile di questa succursale della parrocchia di San Francesco è padre Feras Lufti, animatore vocazionale e responsabile della Gioventù francescana in Siria. Ogni giorno le strutture della chiesa di San Bonaventura ospitano centinaia di giovani di ogni età. «Ci sono i ragazzi delle elementari per il catechismo, vengono gli studenti delle medie e delle superiori per il doposcuola. Gli universitari cristiani hanno qui la loro sede associativa. Crescere insieme, cercare la nostra vocazione cristiana, metterci in ascolto dell’antica tradizione della Chiesa di Aleppo, impegnarci a testimoniare il Vangelo nella società siriana d’oggi: sono questi i nostri obiettivi».

«Qui ad Aleppo – spiega il parroco padre George Abou-Khazen – la gente è serena e positiva. Il laicato è molto attivo (scout, terz’ordine francescano, Gifra, San Vincenzo), c’è una buona frequenza alle celebrazioni e ai sacramenti. Ma si avverte comunque la crescente secolarizzazione tipica delle grandi città, con un influsso negativo sulla coesione della famiglia e sui valori di riferimento della gioventù. Televisioni satellitari e Internet stanno portando da noi un mondo al quale non siamo preparati. Dobbiamo annunciare il Vangelo con rinnovato impegno, offrire solidi valori ai nostri giovani, che diversamente rischiano di perdersi».

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