Giovedì 5 luglio è stato inaugurato in Siria il nuovo museo di Tayibat al-Imam. L'evento ha suggellato i lavori condotti per mesi su un mosaico siriano da parte dall'équipe dell'Istituto archeologico francescano di Terra Santa in cooperazione con il ministero della Cultura in Siria e con l'Ufficio Culturale della Farnesina. Nel villaggio di Tayibat al Imam, nella Valle dell'Oronte (a nord di Damasco), il team di esperti, diretto da padre Michele Piccirillo, ha realizzato la copertura della preziosa opera musiva, mettendola al riparo dalle regolari precipitazioni invernali.
Il 5 luglio scorso è stato inaugurato in Siria il nuovo museo di Tayibat al-Imam. L’evento ha suggellato i lavori condotti per mesi su un mosaico siriano da parte dall’équipe dell’Istituto archeologico francescano di Terra Santa in cooperazione con il ministero della Cultura in Siria e con l’Ufficio Culturale della Farnesina.
Nel villaggio di Tayibat al Imam, nella Valle dell’Oronte (a nord di Damasco), il team di esperti, diretto da padre Michele Piccirillo, ha realizzato la copertura della preziosa opera musiva, mettendola al riparo dalle regolari precipitazioni invernali.
Contemporaneamente gli studiosi dell’Istituto francescano hanno realizzato un eccellente restauro della bellissima opera antica, restituendole tutta la propria peculiarità cromatica.
Il mosaico era noto già da tempo, in quanto identificato e scavato tra il 1985 e il 1987 e più volte restaurato, per i danni arrecati dalla costruzione di una strada, che conduce al vicino villaggio. L’antica opera per le tecniche impiegate e per l’eccezionalità dei decori e delle figure geometriche rappresenta un unicum nella storia dell’arte della Terra Santa: «pur meno famoso e celebrato, il mosaico siriano è paragonabile alla famosa carta geografica di Madaba, rispetto alla quale presenta però una maggiore varietà di soggetti disegnati e importanti iscrizioni, che ne descrivono le ragioni e le fasi della realizzazione», fanno notare Piccirillo e Abdul Zaqzuq, autori di un recente studio scientifico sull’opera.
Dall’analisi iconografica e soprattutto dal contenuto delle iscrizioni si viene a sapere che il mosaico di Tayibat al Imam venne concluso nel 442 d. C., al tempo di Dòmnos, vescovo della vicina Epifania (oggi Hamah). Alla sua realizzazione contribuirono in misura diversa i preti Epifanio e Valente e diversi fedeli con le rispettive famiglie, tutti desiderosi di lasciare un segno tangibile dello spessore della loro fede. Il mosaico decorava il pavimento di una chiesa a forma basilicata a tre navate, con presbiterio rialzato e con un trono imponente nella navata centrale. La costruzione, oggi in gran parte distrutta per successivi lavori edilizi, rappresenta una delle testimonianze più antiche e meglio riuscite del cristianesimo siriano.
Le scene raffigurate sono uniche per bellezza e vivacità e alternano motivi legati alle sacre scritture a soggetti ispirati alla vita quotidiana: si scorgono scene di caccia e di pastorizia con varie specie di animali (soprattutto volatili) e flora rigogliosa. La scena più rimarchevole è quella che decora la parte orientale della navata centrale: appare il luogo paradisiaco della pace, simboleggiato da Gerusalemme e Betlemme, con al centro un agnello, che come una vera e propria lucerna irradia luce; a fianco un’aquila su una collina, da cui si dipartono i quattro fiumi del Paradiso (Ghion, Fison, Tigri ed Eufrate): nelle loro acque nuotano i pesci e si abbeverano i cervi.