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L’anno sabbatico

30/08/2007  |  Milano
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Arriva l'anno sabbatico e in Israele si ripropone - da una prospettiva del tutto particolare - la questione del rapporto tra religiosi e secolari. Col tramonto del 12 settembre scatterà, infatti, Rosh Hashana, il capodanno ebraico, che segnerà l'inizio dell'anno 5768. Quello che inizia, però, è un anno sabbatico, cioè l'anno ogni sette in cui, secondo le prescrizioni del libro del Levitico, i campi dovrebbero essere lasciati a riposo. Una pratica di difficile applicazione di cui il quotidiano Haaretz spiega alcuni risvolti in due articoli che vi sintetizziamo.


Arriva l’anno sabbatico e in Israele si ripropone – da una prospettiva del tutto particolare – la questione del rapporto tra religiosi e secolari. Col tramonto del 12 settembre scatterà, infatti, Rosh Hashana, il capodanno ebraico, che segnerà l’inizio dell’anno 5768. Quello che inizia, però, è un anno sabbatico, cioè l’anno ogni sette in cui, secondo le prescrizioni del libro del Levitico, i campi dovrebbero essere lasciati a riposo.

È l’applicazione anche al mondo agricolo della legge dello shabbat. Ma in realtà è una pratica di difficile applicazione in uno Stato dove gli ebrei sono maggioranza. E infatti il mondo rabbinico in Israele finora ha ampiamente riconosciuto come legittima la pratica dell’heter mechira, cioè la vendita del campo a un non ebreo e il suo riacquisto alla fine dell’anno. Ora, però, riferisce Haaretz, con la crescita degli ultra-ortodossi (gli haredim) aumentano anche i rabbini che non accettano più questa pratica. Ed è un problema non solo teorico: se il rabbino, infatti, non riconosce la legittimità dell’heter mechira, non certifica più come kosher i prodotti di quel campo. E in Israele non avere questa certificazione significa essere fortemente penalizzati sul mercato.

Il risultato è che in città dove gli ultra-ortodossi sono molto forti come Gerusalemme si teme un aumento dei prezzi dei prodotti agricoli fino al 50 per cento. A complicare ulteriormente le cose ci sono poi altri rabbini secondo cui – riferisce un secondo articolo, sempre di Haaretz – anche gli agricoltori arabo-israeliani se coltivano terra di Israele dovrebbero rispettare l’anno sabbatico per vedere i loro prodotti accettati come kosher.

L’esito sarebbe paradossale: i religiosi di stretta osservanza – alla fine – potrebbero mangiare praticamente solo prodotti agricoli importati dall’estero o provenienti dalla Striscia di Gaza, oggi «coltivata» da Hamas. Mancano ancora due settimane a Rosh Hashana e – come sempre in Israele – all’ultimo momento si troverà una soluzione di compromesso. Ma la vicenda rimane comunque indicativa del clima di intransigenza che si respira sempre di più a Gerusalemme.


Per leggere il primo dei due articoli di
Haaretz clicca qui. Per il secondo articolo clicca qui.

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