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Il gas di Gaza

20/08/2007  |  Milano
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Il gas di Gaza
La mappa del BG Group indica i giacimenti sottomarini di gas al largo della Striscia di Gaza (accanto ai pozzi di Med Yavne e Or, in acque israeliane).

Negli ultimi mesi, la situazione di Gaza è stata descritta in tutta la sua tragicità, con la fame, la miseria e il caos. Ma 36 chilometri al largo della costa il panorama può apparire decisamente diverso. Perché qui si trova un ricchissimo giacimento di gas naturale ancora tutto da sfruttare, e da sette anni al centro di una complicatissima vicenda, a metà tra politica e affari. A raccontare questa storia è il lungo articolo del Jerusalem Post che vi segnaliamo oggi.


Da terra e dal cielo, in questi ultimi mesi, la situazione di Gaza l’abbiamo vista descritta in tutta la sua tragicità, con la fame e la miseria seguiti al caos.

Fa, perciò, un certo effetto scoprire che, da 36 chilometri al largo della costa, il panorama può apparire decisamente diverso. Perché qui, infatti, si trova un ricchissimo giacimento di gas naturale ancora tutto da sfruttare. E che da sette anni, ormai, è al centro di una complicatissima vicenda a metà tra il mondo della politica e quello degli affari. A raccontare questa storia è il lungo articolo pubblicato dal Jerusalem Post che proponiamo oggi. Una lettura non facilissima, ma che offre un punto di vista inedito e quanto mai interessante su Gaza.

Il giacimento in questione venne scoperto nel 2000, alla vigilia della seconda intifada, dalla compagnia energetica britannica BG, cui l’Autorità nazionale palestinese aveva ceduto un anno prima i diritti di estrazione in cambio di un 10 per cento di provvigione sulla vendita dell’ipotetico gas. Dalle ricerche compiute dalla BG il giacimento si è rivelato essere consistente: si parla di un valore complessivo di 4 miliardi di dollari. Ma finora – per ragioni fondamentalmente politiche – il gas è rimasto nel sottosuolo marino.

Ora, però, la BG preme per concretizzare il suo investimento. E ha minacciato – se Israele non si decide – di vendere il gas all’Egitto. Così qualcosa ultimamente sembra essersi mosso. Si parla di un gasdotto da realizzare entro il 2011 che collegherebbe la piattaforma off-shore fino ad Ashkelon. A questo punto si pone il problema: a chi andrebbe il 10 per cento dei proventi ora che Gaza è fuori dal controllo dell’Autorità nazionale palestinese? Hamas ha già cominciato a rivendicarlo. Ma Israele non ci sta e ipotizza un fondo bloccato, come già accaduto nel 2006 per i diritti doganali. La battaglia su Gaza – dunque – potrebbe presto spostarsi anche in mare aperto.

Clicca qui per leggere l’articolo del Jerusalem Post

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