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Voci in cerca d’ascolto

10/07/2007  |  Milano
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Voci in cerca d’ascolto

Don Nandino Capovilla, da alcuni anni responsabile delle azioni in Israele e Palestina per Pax Christi Italia, e Betta Tusset, laureata in lettere moderne, sposa e madre di tre figli, hanno entrambi più volte soggiornato in Terra Santa con occhi e orecchi attenti. In questo libro condividono coi lettori i colloqui con alcune «bocche scucite» che raccontano la tragedia del popolo palestinese. Non tutto il materiale è di prima mano e non sempre di uguale efficacia, ma il testo merita rispetto e attenzione. Ve ne proponiamo qualche passaggio.


(g.s.) – I più rapidi leggeranno queste pagine in meno di un’ora. Ma poi dovranno farvi ritorno e più volte.

«Le cose importanti – scrive don Fabio Corazzina, coordinatore nazionale di Pax Christi Italia nella Prefazione a Bocche scucite – non sono solo i massimi sistemi, le politiche mondiali, le teorie sulla globalizzazione, i piani e le strategie di sicurezza nazionale o internazionale, i dogmi religiosi o economici o politici, le conferenze internazionali, gli incontri ad alto livello… Importante è la vita, la vita di ogni persona e la qualità del racconto che emerge. Importante è la casa per tutti, la scuola per i più piccoli, un medico per chi sta male, una strada per chi vuole andare e incontrare, un lavoro per avere dignità, un abbraccio per guardare al domani con fiducia, un Dio che ci ama e ci libera, non che ci arma. Nandino e Betta ci accompagnano in questo difficile, delicato, appassionante, preoccupante e importante quotidiano del popolo che abita la Terra Santa. (…) La proposta di Betta e Nandino, il loro dialogo e l’incontro a più voci che ci propongono sono un inno alla speranza, non alla disperazione. Un invito all’impegno, non al fatalismo. Una provocazione alla ricerca che non si accontenta degli slogan e delle agenzie di stampa».

Don Nandino Capovilla, del clero di Venezia, è parroco dell’isola di Murano e, da alcuni anni, responsabile delle azioni in Israele e Palestina per Pax Christi Italia. Betta Tusset, laureata in lettere moderne, vive al Lido di Venezia con marito e tre figli. Entrambi hanno più volte soggiornato in Terra Santa con occhi e orecchi attenti.

In questo libro condividono coi lettori i colloqui con alcune «bocche scucite» che raccontano la tragedia del popolo palestinese. I capitoli sono dieci e altrettante le voci che prendono la parola (inclusa la voce collettiva degli abitanti del villaggio di Aboud che parlano nell’ultimo capitolo).

Non tutto il materiale è di prima mano e non sempre di uguale efficacia, ma il testo merita rispetto e attenzione.
Ve ne proponiamo qualche breve passaggio.

Agnese, palestinese cristiana: «Abito a Gerusalemme Est da quando sono nata, settantasei anni fa. (…) Prima della spartizione, in Palestina si viveva bene: musulmani e cristiani a volte litigavano, ma ognuno viveva la propria vita nel proprio quartiere. Anche gli ebrei qui a Gerusalemme vivevano in pace: a volte si creavano anche della amicizie. (…) Oggi qui si vive male. I palestinesi stanno sparendo da Gerusalemme Est: i musulmani se ne vanno e quelli che per ora restano sono impediti nei movimenti. Noi cristiani facciamo tanta fatica, ma cerchiamo di restare. Siamo dipendenti in tutto dallo Stato di Israele che ci sopporta a malapena e ci impedisce di garantire il futuro ai nostri figli. (…) Fanno di tutto perché vendiamo le nostre abitazioni e, quando vogliamo costruirne di nuove, ci impediscono di farlo o abbattono le vecchie».

Daniela, ebrea e componente di Machsom Watch, un’organizzazione femminile israeliana che, per tutelare i diritti dei palestinesi, presidia i valichi e posti di controllo gestiti dall’esercito di Israele: «Tutta la famiglia di mia madre è stata deportata ad Auschwitz. Nessuno è rimasto. Ho un dialogo immaginario con questa mia famiglia che non ho mai conosciuto, che mi dice: "Guardati intorno e se vedi la gente che soffre, non puoi rimanere indifferente". (…) Quando sono al checkpoint io vedo con i miei occhi. E i palestinesi mi sono riconoscenti. Poi scrivo e pubblico con Machsom Watch i rapporti sulle ingiustizie di cui sono stata testimone. (…) Tempo fa una donna palestinese, dopo anni di cure mediche contro l’infertilità, restò incinta. Aspettava due gemelli. Arrivato il momento del parto giunse al checkpoint per andare all’ospedale. Non la fecero passare. Quel giorno, davanti ai soldati e alla gente, partorì un bimbo per terra. I familiari avvisarono che ne portava in grembo un altro. Ma non la fecero passare ugualmente. Nacque anche il secondo bimbo. Morirono entrambi. (…) Dovete sapere che proprio negli stessi giorni mia nuora partorì due gemelli maschi. Arrivò tranquillamente all’ospedale di Beer Sheva. E grazie a Dio tutto andò bene. I bambini ora hanno dieci anni. Ancora oggi ho un pensiero che mi ritorna spesso alla mente: penso sempre a quella mamma e a quella nonna che non provano la gioia che abbiamo io e mia nuora».

Padre Firas, prete di nazionalità giordana e parroco cattolico-latino nel villaggio di Aboud: «Dove sono i cristiani, dov’è il mondo cristiano? Vengano qui ad Aboud tutti quelli che immaginano persecuzioni dei cristiani da parte dei musulmani. Vengano a sperimentare la gioia di lottare insieme, musulmani e cristiani, per la libertà. Dove sono i cristiani che si sistemano la coscienza con l’annuale "Colletta per la Terra Santa" o quelli che vanno a vedere solo le pietre del Santo Sepolcro, senza venire in una parrocchia come Aboud? E cosa significa dire: "Ama!", se non c’è giustizia e non si lavora per ripristinarla?».

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