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Squarci di luce nel Muro

19/07/2007  |  Gerusalemme
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Squarci di luce nel Muro

Ad Abu Dis, vicino a Gerusalemme, l'11 e 12 luglio scorsi su due grandi schermi da 60 metri di lunghezza, posizionati dall'una e dall'altra parte del muro costruito dal governo israeliano, sono state proiettate per quattro ore immagini che ritraggono la vita di tutti i giorni: una bimba con grandi boccoli neri, graffiti che impongono colore ad una grigia muraglia di cemento, l'ombra di una mamma con il suo piccolo che si allunga sulla parete divisoria. Tutti scatti rubati da giovani artisti cresciuti in zone dove la società vive separata.


(e.s.) – Crescere con un muro che ti divide dal mondo non è facile. È successo a Berlino fino al 1989, succede oggi tra israeliani e palestinesi. Gli occhi possono cercare di cogliere l’infinito alzandosi verso il cielo, ma una volta che si abbassano ritrovano sempre un limite: quella parete che segna i confini, al di là della quale non si sa bene cosa ci sia. Andare oltre le mura che dividono, siano mentali o fisiche, è il fine del progetto fotografico Challenging Walls, realizzato da alcuni artisti internazionali.

Ad Abu Dis, vicino a Gerusalemme, due grandi schermi da 60 metri di lunghezza, posizionati dall’una e dall’altra parte del muro costruito dal governo israeliano, hanno riproposto per quattro ore lo scorso 11 e 12 luglio immagini che ritraggono la vita di tutti i giorni: una bimba con grandi boccoli neri, graffiti che impongono colore ad una grigia muraglia di cemento, l’ombra di una mamma con il suo piccolo che si allunga sulla parete divisoria. Sono scatti rubati da giovani artisti cresciuti in zone dove la società vive separata. Provengono da Cipro, da Berlino, dall’Irlanda del Nord, da Israele e dai Territori palestinesi e hanno cercato di raccogliere la quotidianità delle persone. Gli scatti rubati, sono poi stati restituiti a israeliani e palestinesi attraverso i due schermi giganti. Ma anche con un sito Internet (challengingwalls.eu), che racconta il progetto e la filosofia che ne è alla base.

Come spiegarlo? Il fotografo Steve Sabella cita un aneddoto: «Ho vissuto nella Città vecchia di Gerusalemme per 32 anni. Si suppone che sia una città unificata, dove israeliani e palestinesi vivono assieme. Ma un giorno un tassista, quando ha scoperto che sono palestinese, è rimasto scioccato. Gli israeliani non credono che ci siano palestinesi normali. L’immagine mentale che loro hanno è di qualcosa di schifoso, che parla solo arabo, ed è maleducato».

Si tratta di pareti ormai mentali, veri stereotipi che vanno abbattuti pezzo per pezzo. Dai cocci che rimangono si può poi – secondo questi artisti – ripartire per realizzare una coesistenza autentica, una pace duratura. «Le persone – racconta la fotografa israeliana Ruthe Zuntz – pensano che dall’altra parte del muro ci sia un nemico e non un vicino. Basta sfogliare un giornale per identificare l’altro nel bambino che lancia pietre, nel terrorista o nel soldato in uniforme sopra ad un carro armato. Noi chiediamo che si tolga la maschera al proprio nemico in modo che non sia più marchiato e che si possa vedere il lato umano».

Nel 2008, le fotografie di Challenging walls, che è stato finanziato dalla Commissione europea, dovrebbero essere esposte a Berlino. La speranza è riuscire ad abbattere anche in Europa l’immagine a volte distorta che si ha del Medio Oriente.

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