Si discute animatamente in Palestina sul discorso con cui Bush ha espresso l'intenzione di convocare una Conferenza di pace in Medio Oriente. Da questo dibattito rilanciamo due voci significative che riassumono bene le opportunità e le incognite di questa mossa. Le riprendiamo entrambe da Mifah.org, uno dei siti più interessanti per seguire il dibattito interno palestinese.
Si discute animatamente in Palestina sul discorso con cui il presidente degli Stati Uniti, George W. Bush, ha espresso l’intenzione di convocare una Conferenza di pace in Medio Oriente. Da questo dibattito rilanciamo due voci significative che riassumono bene le opportunità e le incognite di questa mossa. Le riprendiamo entrambe da Mifah.org, uno dei siti più interessanti per seguire il dibattito interno palestinese.
Il primo articolo è rilanciato da Asharq Al-Awsat, quotidiano vicino ad Abu Mazen. La tesi di Tariq Alhomayed è che i palestinesi non devono perdere anche questa opportunità per arrivare al proprio Stato. Soprattutto in un momento in cui la Siria di Assad lancia segnali in favore di una trattativa con Stati Uniti e Israele e lo stesso Iran tratta con Washington sul futuro dell’Iraq. Perché i palestinesi dovrebbero andare avanti con un atteggiamento che non porta da nessuna parte?
Opposto il giudizio di Joharan Baker, opinionista del sito Miftah. Che denuncia senza mezzi termini il pericolo di un governo filo-americano in Palestina, non rappresentativo della popolazione, in una situazione troppo simile a quella di Iraq e Afghanistan. E per di più formato dagli stessi uomini che «le opportunità» le hanno già abbondantemente perse negli anni Novanta, durante il processo di Oslo. Il pericolo, scrive Baker, è che alla fine, con la Conferenza sul Medio Oriente, non cambi proprio niente. Due punti di vista opposti su una svolta che è importante, ma che ora occorre riempire di contenuti.
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