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Siamo a una svolta?

26/07/2007  |  Milano
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Bush che annuncia una conferenza di pace sul Medio Oriente, una personalità del calibro di Blair in prima linea, i ministri degli esteri di Egitto e Giordania in visita a Gerusalemme come apripista della Lega Araba, il premier israeliano Olmert che annuncia di essere pronto a riprendere negoziati in cui rinuncerebbe al 90 per cento dei Territori. Siamo alla svolta decisiva per lo Stato palestinese? L'offerta di Israele illustrata da un articolo del quotidiano Haaretz.


Bush che annuncia una conferenza di pace sul Medio Oriente, una personalità del calibro di Blair in prima linea, i ministri degli esteri di Egitto e Giordania in visita a Gerusalemme come apripista della Lega Araba, il premier israeliano Olmert che annuncia di essere pronto a riprendere negoziati in cui rinuncerebbe al 90 per cento dei Territori. Siamo alla svolta decisiva per lo Stato palestinese?

Che il momento sia interessante è fuori discussione: finalmente qualcosa si è rimesso in movimento. Ed è interessante notare che (ancora una volta come dopo la guerra del 1973) sono le situazioni di debolezza quelle più propizie per i passi avanti verso la pace. Per ragioni diverse Bush, Olmert e Abu Mazen sono tutti e tre, oggi, leader più deboli rispetto a due anni fa. È un caso che improvvisamente tutti e tre si mettano a seguire un approccio realista sul futuro del Medio Oriente?

Detto questo, però, è importante capire anche che cosa sta realmente mettendo sul tavolo Ehud Olmert: per questo oggi rilanciamo l’articolo con cui Aluf Ben su Haaretz ha reso noto l’«offerta» del premier israeliano. Si torna a parlare di percentuali, e questo in un territorio come quello israelo-palestinese non giova alla chiarezza. Allora vale la pena di guardare dentro a questo 90 per cento. L’offerta di Olmert altro non è che fare ora in maniera coordinata con Abu Mazen il disimpegno unilaterale dalla Cisgiordania di cui parlava nella campagna elettorale di un anno e mezzo fa. Il confine, come tutti avevano già ben capito da tempo, sarebbe il muro. Con, però, il principio delle compensazioni territoriali, già avanzato a Camp David, in modo da poter dire che (pur mantenendo i blocchi degli insediamenti più grossi e più vicini alla Linea Verde) Israele ha ceduto allo Stato palestinese l’equivalente dei territori del 1967. Inoltre è previsto un tunnel con Gaza per garantire la contiguità territoriale (una volta «liberata» da Hamas, ovviamente).

Può funzionare? È una buona base, ma molto dipenderà da due fattori: a) la posizione su Gerusalemme, ancora estremamente vaga; b) il ruolo che avrà la comunità internazionale in questo negoziato. Abu Mazen ha bisogno di garanti che gli permettano di non apparire come il presidente di uno Stato fantoccio che resta totalmente nelle mani di Israele. Inoltre è solo un impegno internazionale a poter garantire soluzioni accettabili per tutti a Gerusalemme. Olmert ha giocato d’anticipo mettendo le sue carte in tavola. Ora sta a Bush, Blair e ai Paesi arabi rilanciare. Facendo capire chi ha davvero in mano il mazzo.

Clicca qui per leggere l’articolo di Haaretz

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