Il cappello di paglia ben calzato sulla testa. È la cornice del viso solcato dall’età di un artista fiorentino, che ha dedicato la vita alla passione per la pittura. Si chiama Alfredo Cifariello, è nato nel 1928 e a 13 anni è entrato nello studio di Pietro Annigoni, uno dei più grandi pittori italiani del XX secolo.
Tra le sue innumerevoli opere di arte sacra, dipinti e affreschi disseminati tra le chiese della Toscana, spicca una serie di tavole del 1978 raffiguranti insolite scene della Terra Santa. Il vecchio minareto di Tel Aviv, la palma al Muro del Pianto, gli scavi intorno alle mura di Gerusalemme sono tre dei 12 dipinti della collezione: immagini che generano serenità, pace, atmosfere irreali. Della violenza, che sembra non voler abbandonare la terra di Gesù, non c’è traccia in queste scene. Il perché lo spiega con naturalezza l’autore stesso: «Quando arrivai in Terra Santa, rimasi affascinato dai paesaggi. Sentii un forte senso di fiducia, una presenza importante sperimentata fin da subito. Appena sbarcato a Tel Aviv mi accorsi di avere la febbre. La misurai: il termometro segnava 40 gradi. Mi ritirai in camera, pregai un po’ e attesi. Dopo un’ora stavo benissimo. Presi la mia cartella da disegno e uscii. Mi sentii coinvolto in un miracolo».
E così è iniziato il suo primo e singolare pellegrinaggio in Terra Santa?
Primo e unico, fatto di visite ai luoghi santi da cui, però, non riuscivo a partire senza aver prima fissato sulle tavole ciò che riempiva i miei occhi. In quei giorni avevo sempre la penna in mano ed ero felicissimo. Feci molti bozzetti. Mentre disegnavo, nascosto negli angoli di Gerusalemme, tanti si avvicinavano incuriositi ma non volevano essere raffigurati. Io procedevo nella mia opera e poi via, alla ricerca di un’altra scena da immortalare. Giravo con un camioncino scassato, a mia disposizione.
I suoi disegni sono in bianco e in nero. Eppure raffigurano con completezza i Luoghi Santi e fanno rivivere emozioni e ricordi a chi conosce i paesaggi della Terra Santa…
Nelle immagini trovo sempre qualcosa di fantastico. Ombre e luci commuovono, fanno innamorare di un paesaggio. Colori, linee, prospettive, natura – insieme – fanno una scena, che io subito assaggio. Allora mi decido: prendo la cartella, l’inchiostro di china, le penne d’oca e parto dalle sfumature. Dipingo con le penne d’oca, appuntate, come usava anticamente, perché sono morbide e non graffiano. Non uso la matita, disegno di getto: è più spontaneo, immediato. In quell’ora vivo rapito dal mio lavoro e non esiste nient’altro… bisogna far presto, perché quando le luci cambiano tutto si trasforma.
Della Terra Santa cosa le è rimasto più impresso?
I minareti, il lago di Tiberiade, il porto di Tel Aviv. Ma anche un anziano arabo che sul Monte degli Ulivi ha posato per me: l’unico che si è lasciato ritrarre. Tra tutto, però, spicca il ricordo della palma che si ergeva davanti al Muro del Pianto. Oggi non c’è più, ma nel mio disegno tutto le si sviluppa intorno. Temo che se tornassi là, rimarrei colpito dai tanti cambiamenti degli ultimi trent’anni.
Negli occhi di Cifariello compare un velo di nostalgia per quei luoghi, ma subito il pensiero corre all’ultimo dipinto appena completato. È l’immagine di Nostra Signora di Efraim della Chiesa di Taybeh, cittadina palestinese a 20 chilometri da Gerusalemme. «L’ho raffigurata partendo da una riproduzione, perché affascinato dal suo inconsueto aspetto: oltre al Bambino, ha in braccio un ramo d’olivo e un melograno – dice il pittore – ma vorrei ammirarla e dipingerla dal vivo. Sarebbe tutta un’altra cosa, magari a colori. Spero di poter tornare in quella fantastica terra», conclude l’artista fiorentino. La sua attuale e massima aspirazione, dopo una vita di mostre nelle principali città italiane ed europee, con premi e riconoscimenti, è appunto quella di poter nuovamente rivedere la Terra Santa.
E chissà che non riesca davvero a visitare per la seconda volta la terra di Gesù. Stavolta i giochi di luci e ombre non raffigurerebbero solo paesaggi incantati dove il tempo sembra essersi fermato, ma anche una Mamma che invoca la pace e la prosperità per i suoi figli, con in mano un olivo argenteo e un rosso melograno.