Anni fa un’organizzazione protestante americana premeva sulla Santa Sede perché firmasse un appello alle autorità israeliane per impedire ai cinema in Israele di mostrare al pubblico un film blasfemo. Il dicastero vaticano interessato mi chiese un parere. Avendo visto il corpus delicti in videocassetta, per un senso di dovere, risposi al dicastero che: sì, certo, si trattava di un film (L’ultima tentazione di Cristo) noiosissimo, volgare, osceno e massimamente blasfemo. Ma che assolutamente non si firmasse nessun appello! In Israele (e situazioni analoghe), spiegai, la Chiesa non si può mai permettere di mettersi contro la libertà (di stampa, di espressione, di assemblea e così via).
La libertà – proprio la libertà del minoritario, del diverso, di colui che offende il sentire comune, che dà fastidio ai ceti più influenti – è l’ossigeno richiesto per l’evangelizzazione: offre la possibilità di dare testimonianza a Cristo laddove anche il Nome stesso di Lui viene considerato un’indecenza! Gli stessi argomenti di cui ci si sarebbe serviti per vietare L’ultima tentazione di Cristo potrebbero servire per vietare per esempio Fratello Sole Sorella Luna (in quanto propaganda favorevole alla religione cristiana) o ancora il Gesù di Nazareth di Zeffirelli (che «glorifica» la fede in «quell’uomo», l’innominabile, e nobilita il detestato Suo simbolo, la Croce).
In più, gli unici ambienti sociali-culturali-politici che avrebbero sostenuto la nostra libertà – dissi ancora in quel parere – sarebbero stati proprio quelli oltremodo laicisti, «anticlericali», «liberali», proprio coloro che devono essere convinti che il cristianesimo non è per nulla simile agli establishment teocratico-oscurantisti che essi detestano in Israele. Se poi dessimo loro l’impressione che, invece, esiste una forte analogia tra noi cristiani e i fondamentalisti di casa loro, ecco che se ne andrebbe anche questo ultimo appoggio potenziale sul quale avremmo potuto contare!
Il cristianesimo, infatti – ho sempre cercato di convincere di questo fatto quegli ambienti felicemente secolarizzati – è un’altra cosa: non ha nulla a che fare con le pesantezze delle antiche teocrazie; è un annuncio, gioioso, di un evento di salvezza, di libertà, di liberazione divina, che a sua volta è il più solido fondamento delle libertà umane e civili, degli inalienabili diritti della persona e della sua inviolabile dignità. Il dicastero mi diede ascolto, e la questione rientrò. E il film, in ogni caso – come avevo anche previsto – non ebbe successo: era veramente orribile.
Della laicità dello Stato si parla molto in Europa, spesso lamentandoci di un «laicismo estremista» che sembra voler tagliare via le proprie radici. Ma non dimentichiamo mai che, in vista della libertà di annunciare il Vangelo, di aderirvi, di testimoniarlo, la laicità dello Stato, laddove esiste, è preziosa e da tutelare. E laddove non esiste ancora compiutamente, è da caldeggiare e da promuovere.
Israele è stato fondato da un movimento nazionale laico, ma attualmente fa ancora fatica ad essere pienamente coerente con la propria vocazione alla «laicità» – con tutto quello che comporta rispetto alle libertà democratiche e personali. Dobbiamo saper apprezzare questa sua vocazione, mostrandoci con essa solidali, e guardandoci bene dall’apparire tra coloro che vorrebbero trascinare lo Stato e la società in una direzione diversa.
In Israele, siamo tutti «laici» (e anche in Palestina, naturalmente).