Gaza, Cisgiordania, Libano, Iraq: sono luoghi dove i bambini sono particolarmente a rischio, dove i continui episodi di violenza impediscono di avere accesso alla scuola, di poter giocare liberamente per strada. Dove le condizioni igieniche e sanitarie sono in continuo peggioramento. La denuncia è di Dan Toole, direttore dei programmi di emergenza per l’Unicef, l’agenzia dell’Onu per l’infanzia, che a fine luglio ha chiesto che vengano potenziati gli aiuti umanitari in favore dei minori. In una conferenza a Ginevra, ha puntato il dito soprattutto sulla situazione dell’Iraq, che si sta deteriorando rapidamente. A farne le spese, in primo luogo i bambini. «La nostra azione è soprattutto incentrata sui rifugiati all’esterno del Paese e sugli sfollati interni. Spesso dimentichiamo che milioni di iracheni sopravvivono tagliati fuori da qualsiasi tipo di servizi o assistenza».
«Il caldo estivo – ha aggiunto – rappresenta una minaccia per la salute: sono già raddoppiati i tassi di dissenteria rispetto alla media stagionale e le riserve idriche sono allo stremo». Dei 2 milioni di profughi e sfollati, la metà è costituito da bambini.
Si sente dire spesso che i bambini rappresentano il futuro di un popolo. Nella situazione attuale, il destino di tanti piccoli a Baghdad, a Beirut, a Gaza e a Ramallah sembra tragicamente scritto. Nei loro occhi, solo un fosco presente e la macabra liturgia della violenza quotidiana.
I piccoli, lo sappiamo, sono più vicini al cuore di Dio. E degli «scandali» a loro inflitti ci sarà chiesto maggiormente conto.