Haifa, l’Ospedale italiano compie cent’anni
Per le suore Francescane missionarie del Cuore Immacolato di Maria, e per tanti altri enti religiosi e civili, quest’anno è speciale. Si festeggiano infatti i cento anni di fondazione dell’Ospedale italiano di Haifa. Questa benemerita istituzione fa parte delle opere create e sostenute finanziariamente dall’Associazione nazionale per soccorrere i missionari italiani (Ansmi), fondata alla fine del XIX secolo dal professor Ernesto Schiapparelli. La sua iniziativa filantropica, di ispirazione cattolica, era nata per sostenere con opere caritative la presenza dei missionari italiani in Medio Oriente, in particolare in Terra Santa, ma anche in altre parti del mondo. Alla morte dello Schiaparelli, avvenuta nel 1928, il numero di asili, scuole e ospedali, e altre opere nate per provvedere a grandi e fondamentali bisogni di popolazioni povere, superava le duecento unità.
I pazienti che si rivolgono oggi all’ospedale sono diversi per nazionalità, religione e lingua. In quest’ambiente le religiose, fedeli alla spiritualità di san Francesco, uomo di dialogo ed esempio dell’amore cristiano verso tutti, sono riuscite a creare un clima di famiglia ben percepito e di cui beneficiano tutti coloro che varcano la soglia dell’Ospedale italiano. Anche i frati malati dalla Custodia di Terra Santa vi trovano una professionale cura medica, e la materna sollecitudine delle suore francescane.
L’ospedale in questi ultimi tempi è stato completamente ristrutturato e modernizzato. Sono state acquistate nuove apparecchiature, comprese quelle per la radioterapia. Oggi le sue maggiori specializzazioni sono in chirurgia e oncologia; quest’ultimo reparto è stato riconosciuto dal ministero della Sanità d’Israele come il secondo reparto per importanza di tutta la Galilea. Attualmente l’ospedale dispone di oltre un centinaio di posti letto, impiega 85 persone, tra cui 10 suore francescane Missionarie del Cuore Immacolato di Maria.
Le celebrazioni del centenario, organizzate dall’intraprendente ed energica suor Emanuela Verdecchia, direttore amministrativo dell’ospedale, hanno coronato il lungo e faticoso percorso che ha fatto guadagnare fiducia e prestigio all’istituzione. Nel giorno della grande festa, il 15 maggio scorso, nell’auditorium del teatro municipale di Haifa (Krieger Auditorium), si sono incontrati i rappresentanti di autorità civili e religiose; cristiani, ebrei e musulmani. L’ambasciatore d’Italia in Israele, Sandro De Bernardin, e il sindaco di Haifa Yona Yahav hanno dato il loro patrocinio alle celebrazioni giubilari. Nell’entrata dell’Ospedale sono state inaugurate quattro targhe commemorative scritte in ebraico, arabo, inglese e italiano, il cui testo dice: «In occasione del centenario della fondazione dell’ospedale italiano di Haifa – 1907-2007 – la cittadinanza di Haifa con sentita riconoscenza per l’ininterrotta dedizione». Tra le personalità religiose che hanno onorato questo anniversario, monsignor Giacinto Boulos Marcuzzo, vescovo ausiliare del Patriarca latino di Gersualemme per la Galilea, fra Pierbattista Pizzaballa, Custode di Terra Santa, mons. Gianfranco Gallone, segretario della nunziatura apostolica, e suor Telesfora Pavlou, provinciale delle suore Francescane missionarie del Cuore Immacolato di Maria.
Dopo i saluti di benvenuto, il dottor Maurizio Saglietto ha presentato la storia dell’Ansmi e dell’Ospedale italiano. Suor Roberta Malgrati, madre generale della congregazione delle Francescane missionarie del Cuore Immacolato di Maria, ha richiamato con emozione la presenza centenaria delle suore all’ospedale di Haifa, sottolineando i tre motivi della celebrazione: ricordare, ringraziare, continuare. «È necessario infatti – ha detto – ricordare che la presenza dell’opera di cura ed assistenza ai malati, realizzata attraverso l’Ospedale italiano, si è iniziata proprio in questa città. In questo lungo periodo non sono mancate situazioni difficili e non mancano neppure oggi, ma nonostante tutto, e al di sopra di tutti, permane la presenza vigile e provvida di Dio, che custodisce il suo gregge. I segni di questa presenza sono anche visibili, come l’ampliamento dell’ospedale, l’equipaggiamento di strumenti tecnologici d’avanguardia, il personale preparato e specializzato, l’affluenza numerica dei pazienti, la sollecitudine dell’Ansmi; ma permettetemi un ricordo particolare alla presenza vigile, e delicata di tante mie consorelle, che in questi anni si sono succedute, e di quelle che attualmente sono sulla breccia, al loro instancabile, nascosto e fecondo spirito di dedizione, accanto ai malati di ogni nazionalità e religione ed a sostegno dei loro familiari».
Il secondo motivo della celebrazione si è espresso nella gratitudine. «Un ringraziamento in primo luogo a Dio che guida e protegge, ma anche a tutti coloro, che hanno collaborato e collaborano per il buon andamento dell’ospedale, in questo lungo arco di tempo fino ad oggi: autorità civili e religiose, Ansmi, confratelli francescani, padri carmelitani, personale, consorelle».
Alla fine la Madre ha ribadito il bisogno di continuare: «Questo momento di festa, questo "oggi" di gratitudine ci pone nel presente, ci permette di ricordare, quindi di volgere il nostro sguardo al passato, ma contemporaneamente ci orienta verso il futuro, ci invita, forti della presenza del Signore, a continuare nel cammino intrapreso, ponendoci fiduciose e gioiose nelle mani di Dio, il quale, come afferma la nostra Madre fondatrice, penserà perché quest’opera continui».
La celebrazione ha avuto anche un momento di festa musicale. Valeria Fubini, soprano, accompagnata da Sonya Mazar e dal quintetto dell’Università di Gerusalemme, ha eseguito diversi brani, tra cui lo Stabat Mater. Non a caso è stato scelto l’inno dedicato alla Madre Addolorata, presente presso la croce del Figlio Gesù sul Calvario. L’ospedale da una parte è segnato dalla croce della sofferenza portata dei malati, ma dall’altra offre la speranza e la consolazione realizzata dal servizio samaritano di medici, infermieri e suore.
Mabruk – auguri! Un sincero augurio per altri lunghi anni di servizio ai malati e di testimonianza della carità cristiana nel società ebraica e musulmana di Haifa e di tutta la Terra Santa.
L’Ospedale italiano ad Haifa, fondato nel 1907, fu il primo ed unico centro medico per tutta la zona nord della Palestina di allora. A quel tempo si chiamava Ospedale chirurgico Italiano, poiché la chirurgia era la sua principale attività. Vi collaboravano chirurghi italiani, ebrei e arabi. Nel 1932 l’attività ospedaliera è stata spostata nell’attuale edificio a quattro piani, progettato dall’architetto Antonio Barluzzi. L’amministrazione dell’ospedale fu affidata, fin dall’inizio, alla famiglia religiosa delle Francescane missionarie del Cuore Immacolato di Maria, chiamate, dal luogo della loro fondazione, Francescane Missionarie d’Egitto. L’assistenza ai malati è una delle caratteristiche del loro carisma. Durante la prima e la seconda Guerra mondiale l’attività ospedaliera è stata sospesa. Altre difficoltà si sono presentate dopo la nascita dello Stato d’Israele nel 1948. L’ospedale è stato trasferito sotto l’autorità dell’esercito israeliano, usato come ospedale militare. Solo tre anni dopo è stato restituito agli italiani. Nel 1950 fu fondato il reparto oncologico e l’acquisto di un apparecchio per la cobaltoterapia aveva dotato l’ospedale del primo strumento del genere nella zona settentrionale d’Israele. Dal 1960, per rendere più qualificato e professionale il servizio ai malati di cancro, il reparto oncologico dell’Ospedale italiano è in stretta collaborazione e dipendenza del centro d’oncologia dell’ospedale universitario di Rambam, che si trova ad Haifa. (j.k.)