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Gerico oggi, visita sconcertante

padre Eugenio Alliata
11 luglio 2007
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«Abuna – "Padre” in arabo -, qui non ci sono più né dottori, né architetti, né lavoranti!». Così mi ha risposto da dietro i cancelli l’anziano custode del Palazzo di Hisham a Mefjar (Gerico), l’ultima volta che mi ci sono recato in visita con il folto gruppo degli studenti del nostro seminario teologico. Poiché nessuno degli impiegati governativi riceveva più la paga da molti mesi, i luoghi archeologici e uffici vari rimanevano chiusi, sbarrati, deserti. In conseguenza di questo fatto, non siamo riusciti a visitare quel meraviglioso gioiello architettonico ed artistico edificato da un califfo arabo dell’ottavo secolo: i suoi ampi cortili con i portici a colonne, buttati a terra da qualche forte terremoto, le eleganti vasche nelle terme e nel giardino, le stanze dai pavimenti mosaicati a disegni elegantissimi e vivaci colori, e con le pareti ricoperte di stucchi finemente lavorati a intarsio. Il palazzo di Hisham era stato appositamente scelto, come sede praticamente e simbolicamente valida e stimolante, per una Scuola professionale di mosaico e restauro.

Il governo palestinese (nella persona del dottor Hamdan Taha) e la cooperazione internazionale (particolarmente quella italiana) avevano dato avvio a questa iniziativa avvalendosi di una simile positiva esperienza da molti anni attiva sull’altra sponda del Giordano, nella città di Madaba, città giustamente famosa per i suoi antichi mosaici. Iniziatore, animatore e consulente scientifico di ambedue le iniziative è l’archeologo francescano padre Michele Piccirillo. Simile esperienza negativa (di trovare cioè i cancelli chiusi) l’avevamo anche avuta una mezz’ora prima a Tel es-Sultan, la collina che conserva i resti della Gerico preistorica e protostorica (X-II millennio a.C.), chiamata anche «la più antica città del mondo». In questo caso ci eravamo dovuti accontentare di un rapido sguardo dal terrazzo del vicino ristorante, nuovo e… vuoto per l’occasione. L’ultimo tra gli archeologi a cimentarsi con questo sito è stato il professor Lorenzo Nigro dell’Università di Roma La Sapienza, i cui lavori si sono dovuti frettolosamente interrompere con lo scoppio della seconda Intifada (settembre 2000).

A Na‘aran, invece, eravamo riusciti a farci aprire il recinto e visitare le rovine dell’antica sinagoga ebraica ma avevamo trovato il monumento, e particolarmente il mosaico pavimentale, in un terribile stato di degrado. E pensare che poco prima era stato restaurato molto coscienziosamente, sotto la supervisione dei tecnici italiani, dalla locale Scuola di mosaico e restauro. Il centro della città è quasi privo di vita. Il mercato, soprattutto della frutta, fiorentissimo un tempo, è ora inesistente. Le diverse chiese, greco-ortodossa, cattolica (francescana), e copta sopravvivono all’ombra della nuova grande moschea decorata all’orientale. La Gerico romana, cioè quella del tempo di Gesù, si stende sulla sponda settentrionale del fiume (Wadi al-Qelt) tra il palazzo asmoneo e il palazzo erodiano (Tulul Abu al-‘Alaik).

Pur prossima all’abitato, si trova già fuori dell’Autorità nazionale palestinese, ma non per questo sotto il controllo israeliano. Gli scavi, molto estesi, eseguiti negli anni Settanta e Ottanta dal professor Ehud Netzer dell’Università ebraica di Gerusalemme, nonostante la loro importanza, dopo un primo tentativo di sistemazione sono stati praticamente abbandonati a se stessi. Paradossalmente, il totale abbandono li protegge da una rapida devastazione. Per quanto riguarda gli stipendi degli impiegati palestinesi sembra ora che qualcosa si muova, e alcuni dei luoghi sopra menzionati sono stati riaperti ai visitatori. Per parte nostra, faremo di tutto perché non sia abbandonato a se stesso questo luogo biblico.

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