Disegni di speranza
L’appuntamento è a Milano, vicino alla parrocchia di Santa Francesca Romana. Siamo solo a qualche metro da corso Buenos Aires una delle vie commerciali più note della città, con ampie vetrine e negozi a più piani. Eppure non sembra di essere nel cuore di una metropoli, sembra invece di stare a due passi dalla Terra Santa. I disegni fatti da bambini palestinesi, che don Costantino Fiore toglie da un cassetto, portano subito tra le pareti della stanza l’eco dei conflitti mediorientali. Qualche matita colorata è bastata ad un bimbo per tratteggiare un carro armato, che sta per distruggere un albero d’olivo. «Quando lo ha dipinto – mi dice don Costantino, giovane viceparroco – mi ha detto di sentirsi come un uccellino: voleva volare più in alto dei mezzi blindati». È una speranza che merita di essere coltivata, così è nata Amal, un’associazione formata da una quarantina di milanesi che si occupano di aiutare i bambini di Betlemme e Jenin.
«La scuola, il cibo, i vestiti in qualche modo ci sono – spiega don Costantino – ma i bimbi palestinesi continuano a non avere una prospettiva». Ecco allora l’idea di farli sentire meno soli, di farli andare oltre i posti di blocco e le mura che limitano il loro movimento e li dividono dal resto del mondo. «In questa situazione un bambino può pensare che la sua vita non valga niente, ma se c’è qualcuno che dall’Italia si interessa di lui, potrà iniziare a sentirsi considerato». Grazie ad Amal, una sessantina di alunni milanesi di classi elementari e medie si sono gemellati con i bambini di Betlemme e Jenin. Si conoscono nome per nome, si scambiano lettere e disegni, qualche volta dall’ufficio di don Costantino si vedono e si parlano con la webcam: la Terra Santa irrompe anche attraverso il computer.
Amal si è poi impegnata a portare a scuola sedici bambini di Jenin. Un piccolo bus li va a prendere a casa e li porta al vicino villaggio di Zababde, dove possono seguire le lezioni. D’estate oppure durante le vacanze invernali, i volontari dell’associazione milanese, una decina di giovani per volta, raggiungono la Terra Santa. Non è un pellegrinaggio e nemmeno una vacanza. È un modo per creare relazioni con chi vive nelle difficoltà, di portare aiuto ma soprattutto di fare conoscenza reciproca. «Chiedo a chi vuole andare di preparasi partecipando ad una serie di incontri – dice don Costantino – e chiedo che dopo il viaggio, l’esperienza continui». A Betlemme c’è anche un centro ricreativo, due locali e un cortile, tenuto in piedi da Amal, dove i bambini palestinesi possono trascorrere un paio di pomeriggi alla settimana assieme ad una educatrice. «Non facciamo il tifo solo per una parte – conclude don Costantino – sappiamo che ci sono sofferenze enormi da entrambi i lati. Cerchiamo di migliorare le condizioni a Betlemme e Jenin. Aiutando questi bambini di riflesso aiutiamo anche gli altri».