Nel corso della visita di ieri, 17 giugno, alla città di Assisi, Papa Benedetto XVI è tornato nuovamente a chiedere pace per il Medio Oriente e la Terra Santa. Lo ha fatto prima della preghiera dell'Angelus recitato al termine della Messa celebrata sulla piazza antistante la basilica inferiore di San Francesco. «Il nostro pensiero - ha detto Ratzinger - va particolarmente alla Terra Santa, tanto amata da san Francesco, all'Iraq, al Libano, all'intero Medio Oriente. Le popolazioni di quei Paesi conoscono, ormai da troppo tempo, gli orrori dei combattimenti, del terrorismo, della cieca violenza, l'illusione che la forza possa risolvere i conflitti, il rifiuto di ascoltare le ragioni dell'altro e di rendergli giustizia».
Nel corso della visita di ieri, 17 giugno, alla città di Assisi, Papa Benedetto XVI è tornato nuovamente a chiedere pace per il Medio Oriente e la Terra Santa. Lo ha fatto prima della preghiera dell’Angelus recitato al termine della Messa celebrata sulla piazza antistante la basilica inferiore di San Francesco.
«Da questa città della pace – ha detto il Papa – desidero inviare un saluto agli esponenti delle altre confessioni cristiane e delle altre religioni che nel 1986 accolsero l’invito del mio venerato Predecessore a vivere qui, nella patria di san Francesco, una Giornata mondiale di preghiera per la pace. Considero mio dovere lanciare da qui un pressante e accorato appello affinché cessino tutti i conflitti armati che insanguinano la terra, tacciano le armi e dovunque l’odio ceda all’amore, l’offesa al perdono e la discordia all’unione! Sentiamo spiritualmente qui presenti tutti coloro che piangono, soffrono e muoiono a causa della guerra e delle sue tragiche conseguenze, in qualunque parte del mondo. Il nostro pensiero va particolarmente alla Terra Santa, tanto amata da san Francesco, all’Iraq, al Libano, all’intero Medio Oriente. Le popolazioni di quei Paesi conoscono, ormai da troppo tempo, gli orrori dei combattimenti, del terrorismo, della cieca violenza, l’illusione che la forza possa risolvere i conflitti, il rifiuto di ascoltare le ragioni dell’altro e di rendergli giustizia. Solo un dialogo responsabile e sincero, sostenuto dal generoso sostegno della comunità internazionale, potrà mettere fine a tanto dolore e ridare vita e dignità a persone, istituzioni e popoli».
«Voglia san Francesco, uomo di pace, ottenerci dal Signore che si moltiplichino coloro che accettano di farsi "strumenti della sua pace", attraverso i mille piccoli atti della vita quotidiana; che quanti hanno ruoli di responsabilità siano animati da un amore appassionato per la pace e da una volontà indomita di raggiungerla, scegliendo mezzi adeguati per ottenerla. La Vergine Santa, che il Poverello amò con cuore tenero e cantò con accenti ispirati, ci aiuti a scoprire il segreto della pace nel miracolo d’amore che si compì nel suo grembo con l’incarnazione del Figlio di Dio».
Intanto in Israele e nei Territori palestinesi si accrescono i motivi di preoccupazione. Dopo che le milizie armate di Hamas hanno preso il controllo totale della Striscia di Gaza, il presidente dell’Autorità palestinese, Abu Mazen, ha nominato un nuovo esecutivo guidato dal primo ministro Salam Fayyad, dichiarando sciolto il governo di unità nazionale insediatosi il 17 marzo scorso sotto la guida di Ismail Haniyeh. Dunque, di fatto, al momento i palestinesi hanno due governi che si considerano reciprocamente illegittimi su due territori (Gaza e la Cisgiordania) non comunicanti tra loro.
Proprio oggi Abu Mazen ha incassato l’appoggio politico di Marwan Barghouthi, il più noto tra i leader palestinesi rinchiusi nelle carceri israeliane (è condannato a cinque ergastoli). In una lettera scritta in cella e rivolta a tutto il popolo palestinese, Barghouthi definisce quello di Hamas un golpe militare e chiede a tutti di sostenere il presidente.
Su un altro fronte, ieri pomeriggio alcuni razzi provenienti dal Libano hanno colpito la cittadina israeliana di Kiryat Shmona. Le forze armate israeliane studiano contromisure, sia per proteggere le frontiere settentrionali sia per contenere il potere di Hamas a Gaza. Il ministero della Difesa è passato proprio oggi nelle mani di Ehud Barak, militare esperto e politico di lungo corso che pochi giorni fa ha sottratto al suo predecessore, Amir Peretz (corresponsabile, agli occhi dell’opinione pubblica, di una gestione fallimentare delle forze armate durante il conflitto dell’estate 2006 contro gli Hezbollah), anche la guida del Partito laburista.