I fiori d’Egitto
Il Paese delle piramidi è stato fra le prime venti nazioni del mondo a ratificare la Convenzione per i diritti dell’infanzia. Nel 2002 il presidente Hosni Mubarak ha lanciato un’iniziativa in favore dell’infanzia (il secondo decennio per la protezione dell’infanzia in Egitto), che si prefigge tra l’altro di vaccinare entro il 2012 il 95 per cento dei bambini. Già negli scorsi anni qualche risultato si è avuto, con la riduzione del 50 per cento della mortalità infantile entro il quinto anno di vita. Ma la strada è ancora lunga: nel Paese ancora oggi un bambino su venti muore in tenera età per malattie infettive (le più diffuse malaria, tetano, tubercolosi) e malnutrizione.
Sul versante scolastico sono stati fatti sforzi per dotare il Paese di nuove scuole e per incentivare la frequenza scolastica (obbligatoria tra i 6 e i 14 anni).
Ma è nella fascia prescolare che i tanti «fiori d’Egitto» soffrono maggiormente la mancanza di cure. Ne sa qualcosa padre Antonio Raimondo, francescano della Custodia di Terra Santa in Egitto, che nei sobborghi popolari del Cairo ha fondato un asilo dove raccoglie i bambini sia cristiani che musulmani dei quartieri più poveri. L’ha chiamato, questo nido d’infanzia, con un tocco di poesia, «Uccelli di montagna». È una struttura che accoglie spesso piccoli che vivono per strada, abbandonati a loro stessi (come ci racconta lo stesso padre Antonio nelle pagine centrali), mentre i genitori lavorano o sono assenti.
In una società alle prese con problemi di sottosviluppo e sopravvivenza, i bambini sono l’anello debole della catena. Facile che si perdano, che vengano sfruttati, che finiscano nelle maglie del lavoro minorile. Un impegno educativo nei loro confronti costituisce viceversa anche un’opportunità per edificare un domani di pace e prosperità. Ed è questa la sfida che padre Antonio, nell’immensa periferia del Cairo, ha raccolto e che ogni giorno porta avanti tra i suoi piccoli.
(Servizio nelle due pagine centrali della versione di Eco di Terrasanta su carta)