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I 28 gradini che uniscono Roma e Gerusalemme

27/06/2007  |  Roma
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Ogni anno milioni di persone, a Roma, la percorrono in preghiera, in ginocchio, per espiare colpe e invocare grazie. È la Scala Santa, ventotto gradini che, come si tramanda, Gesù avrebbe salito, percosso e sanguinante, per accedere al palazzo pretorio di Pilato. La Scala è dunque tra le testimonianze più evidenti del legame particolare che stringe la capitale italiana alla Terra Santa. Il manufatto fu inviato a Roma nel 326 da sant'Elena al figlio, l'imperatore Costantino, e poi venne donato a Papa Silvestro I.


È la meta di oltre due milioni di persone che, ogni anno, vi si recano per percorrerla in preghiera, in ginocchio, espiando colpe e invocando grazie. Per i fedeli provenienti da ogni parte del mondo è  tra i luoghi della tradizione cristiana più suggestivi di Roma.

Parliamo della Scala Santa, ventotto gradini che, come si tramanda, Gesù salì percosso e sanguinante per accedere al palazzo pretorio di Pilato, il governatore romano di Gerusalemme. La Scala è dunque tra le testimonianze più evidenti del legame particolare che stringe inscindibilmente la capitale italiana alla Terra Santa. Inviata a Roma nel 326 da santa Elena al figlio, l’imperatore Costantino, la scala venne donata a Papa Silvestro I che la fece collocare nel Patriarchium lateranense.

Da allora è meta dei fedeli provenienti da ogni parte del mondo. Situata quasi di fronte alla basilica di San Giovanni in Laterano, è custodita nell’edificio che Sisto V – al soglio di Pietro dal 1585 al 1590 – fece edificare da Domenico Fontana per conservare la cappella privata dei Papi, il Sancta Sanctorum, ovvero l’antica cappella di San Lorenzo. Fu Fontana a seguire personalmente il trasferimento della Scala Santa dall’antico Patriarchium alla sede attuale: avvenne in una sola notte, era il 1589. È il Fontana stesso a raccontare che il trasporto dei gradini che la compongono avvenne al lume delle torce e al canto di preghiere e salmi. I gradini furono messi in opera iniziando dall’alto perché non fossero calpestati dai piedi degli artefici, ma toccati solamente dalle ginocchia dei fedeli oranti. Per agevolare il deflusso dei fedeli, Domenico Fontana decise di affiancare alla Scala Santa altre quattro scale, inoltre sulla destra e sulla sinistra del Sancta Sanctorum eresse le cosiddette «nuove cappelle» di San Lorenzo e di San Silvestro. Le pareti delle scale e quelle delle cappelle furono decorate da pittori noti all’epoca, tra cui Paul Brill di Anversa. La sistemazione del complesso fu ultimata nel 1589 e Sisto V ne diede annuncio pubblico con una bolla che porta la data del 24 maggio del 1590. Successivamente papa Innocenzo VII, nel 1723, ordinò la copertura degli scalini con tavole di noce per impedirne l’usura, facendo però praticare delle feritoie dove si riteneva di scorgervi delle tracce di sangue di Gesù.

La Scala Santa da quel momento divenne definitivamente parte della storia artistico-urbanistica di Roma e di quella liturgico-penitenziale moderna. Da questo punto di vista la si può considerare un importante termometro della devozione popolare. In tempo di Quaresima, ai fedeli che la salgono chiedendo perdono per i peccati e pregando per il Papa viene concessa l’indulgenza plenaria. Molti Papi la percorsero. Gli storici ricordano in particolare l’ultima visita alla Scala fatta da Pio IX il 19 settembre del 1870, alla vigilia della presa di Roma. Il pontefice la salì in ginocchio sorretto dal beato Bernardo Silvestrelli, generale dei Passionisti: era stato proprio Pio IX ad affidare nel 1854 il santuario ai religiosi passionisti che come si evince dal nome stesso hanno una specifica devozione per la Passione di Cristo.

Il passare del tempo ha fatto la storia delle Scala Santa e non ha scalfito la particolarissima venerazione dei romani e dell’intera cattolicità per questo luogo. Al contrario il trascorrere degli anni ha reso ancora più evidente quanto Gerusalemme sia, per molti versi, distante da Roma solo in termini geografici. Da qualche giorno questo luogo santo risplende di nuova luce grazie al restauro della cappella di San Silvestro, considerato dagli esperti un primo importante passo per riportare agli antichi splendori il prestigioso ciclo pittorico Sistino presente nel complesso della Scala Santa.

Il progetto è stato curato dal gruppo romano di restauro Studio 3 – Restauro Opere d’Arte e finanziato dalla Getty Foundation, in collaborazione con i Musei Vaticani, i padri Passionisti e la Provincia di Roma. Dopo tredici mesi di lavori sulla decorazione delle pareti, sul portale marmoreo e sugli stucchi, la cappella di San Silvestro è tornata alla sua originaria bellezza. Lo scorrere del tempo, il fumo prodotto dalle candele e dalle polveri si erano stratificati scurendo e nascondendo i dipinti. Il restauro è stato completato dagli interventi sul coro ligneo e sull’assetto decorativo della cappellina dell’Addolorata. Il lungo lavoro di recupero lascia presagire un rinnovato interesse sia liturgico che storico-artistico per questo luogo santo.

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