Educazione e sviluppo, veri nomi della pace
Vi ho raccontato nello scorso numero del mio viaggio in Italia. Vorrei ancora dirvi di alcuni progetti che stanno ottenendo il sostegno di molte comunità e realtà economiche. A Firenze, per esempio, l’Unicoop sostiene gli artigiani di Betlemme. Per questa ragione, in segno di riconoscenza e di ringraziamento, ho portato in occasione del mio viaggio una grande stella in legno d’ulivo che è stata posta all’interno di un centro commerciale, come segno del gemellaggio tra la città e Betlemme.
A Tarquinia (Viterbo), invece, si sta lavorando da anni per sostenere il progetto «Educare alla pace». Ragazzi israeliani, palestinesi, drusi, musulmani vengono accolti per un periodo di vacanza in Italia. In un contesto più favorevole possiamo lavorare sulla conoscenza reciproca, sul dialogo, sull’abbattimento delle barriere e degli ostacoli.
Anche il progetto «Bambini senza confini» è stato accolto in Italia con grande disponibilità da diverse associazioni sportive, tra cui l’Associazione sportiva di Cabiate, in provincia di Como, che si è resa disponibile a organizzare un quadrangolare di calcio per accogliere i nostri giovanissimi atleti della scuola di calcio, che coinvolge attualmente trecento bambini.
A Perugia, grazie alla collaborazione appassionata del professor Maurizio Oliviero, prosegue il progetto per accogliere i nostri giovani che vogliono frequentare l’università. Tanti ragazzi da noi sono stati costretti in questi ultimi anni ad abbandonare gli studi, non solo per il crollo dell’economia, ma a causa soprattutto del muro di separazione, che ha reso molto difficili gli spostamenti. L’aiuto che ci viene dalle istituzioni accademiche in Italia è prezioso e duplice: per prima cosa i nostri giovani possono completare gli studi che diversamente dovrebbero tralasciare; infine possono apprendere una lingua, l’italiano, che sarà loro molto utile quando i pellegrinaggi verso la Terra Santa riprenderanno a pieno ritmo. Cosa che ci auguriamo avvenga quanto prima.