Quello di Suad Amiry è il diario di una palestinese dei giorni nostri che vive sotto l'occupazione militare israeliana in Cisgiordania e ne descrive tutte le ricadute nella vita quotidiana. L'Autrice ha scritto anzitutto con un intento «terapeutico», per ingannare la frustrazione annegandola in un diversivo. È la Amiry stessa ad offrirci la chiave di lettura: «Scrivo per rintracciare ogni più lieve differenza tra oggi e ieri, domani o dopodomani ancora».
Già dal titolo si presagisce il tono ironico della narrazione. Sharon e mia suocera. Se questa è vita è il «diario di guerra» di Suad Amiry – architetto palestinese, cresciuta tra Amman, Damasco, Beirut e Il Cairo – che attualmente risiede a Ramallah e che ha sperimentato in prima persona le difficoltà del vivere in una zona sotto controllo militare.
Le pagine del suo diario sono nate inizialmente solo con uno scopo terapeutico, una sorta di diversivo alla frustrazione di vivere sotto il coprifuoco imposto dall’esercito israeliano.
È l’autrice stessa, infatti, ad affermare: «Scrivo non perché i miei diari abbiano una qualche importanza o valore, tutt’altro. Scrivo per rintracciare ogni più lieve differenza tra oggi e ieri, domani o dopodomani o dopodomani ancora».
Essendo un diario, il tono della narrazione è colloquiale e questo permette di far emergere distintamente il carattere della sua autrice: una donna colta, intelligente, ironica e anche molto coraggiosa, come si delinea già dalle prime pagine: «”Che cosa faceva a Londra?” chiede il funzionario in tono estremamente perentorio, guardandomi dritto negli occhi. “Ballavo”, ho insistito».
Come una sorta di affresco della vita ordinaria delle persone tenute sotto assedio, Suad Amiry ci permette soprattutto di scoprire piccoli e grandi contrattempi del vivere nello scenario mediorientale, descrive il lato umano dell’occupazione e la difficoltà, ad esempio, di andare a fare la spesa nelle poche ore di interruzione del coprifuoco; momento in cui tutti si accalcano nei negozi per recuperare più provviste possibili a causa dell’incertezza della prossima interruzione.
Oppure, la fatica di far passare il tempo che a volte sembra essere interminabile: «Ieri cercavo di fare la siesta non perché avessi voglia di dormire, ma nel vano tentativo di far passare qualche ora di queste eterne, letali giornate di coprifuoco».
In più, a complicare le difficoltà della gestione della vita quotidiana, per Suad, c’è un’altra questione: Umm Salim, l’ingombrante suocera ultranovantenne che vive non curandosi di quello che accade intorno a lei e va avanti come se nulla fosse, e la cui principale preoccupazione è quella di mantenere la regolarità dei pasti. Anche in questo caso, la situazione viene descritta dall’autrice con note decisamente pungenti il cui scopo è la drammatizzazione.
L’ironia forse è l’unico strumento per poter sopravvivere e tenere a bada l’ansia e l’angoscia, ma non sempre ciò è possibile.
Vengono descritte situazioni in cui il limite di sopportazione è talmente alto che il carattere impetuoso di Amiry esplode in tutta la sua forza. Si interroga ad un certo punto di fronte ad un militare troppo insistente:«Mi chiedo quale sarebbe stata la tua reazione se fossi vissuto sotto occupazione tutti gli anni che ci ho vissuto io, o se i tuoi diritti di consumatore, come tutti i tuoi altri diritti, fossero violati giorno e notte, se gli ulivi nei campi di tuo nonno venissero sradicati, se il tuo villaggio fosse stato spianato con un bulldozer, o la tua casa demolita».
Il libro è di recentissima pubblicazione e riunisce in un solo volume i due diari scritti in precedenza.
Suad Amiry
Sharon e mia suocera
Se questa è vita
Feltrinelli, 2007
pp. 283 – 8,50 euro