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Silvestrini: La mia Terra Santa tra speranze e fallimenti

19/05/2007  |  Roma
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Silvestrini: La mia Terra Santa tra speranze e fallimenti
Il cardinale Achille Silvestrini (83 anni).

Testimone di eventi cruciali della storia del Medio Oriente, pellegrino ai Luoghi Santi con Paolo VI e Giovanni Paolo II, il cardinale Achille Silvestrini, prefetto emerito della Congregazione per le Chiese orientali, non ha mai smesso di seguire con passione le vicende legate alla Terra Santa. Diplomatico di lungo corso, il card. Silvestrini offre in un'intervista che appare sul numero di maggio-giugno del bimestrale Terrasanta, la sua lettura degli sforzi per il dialogo e le speranze di pace in Medio Oriente. Eccovi una sintesi del colloquio.


Testimone di eventi cruciali della storia del Medio Oriente, pellegrino ai Luoghi Santi con Paolo VI e Giovanni Paolo II, il cardinale Achille Silvestrini, prefetto emerito della Congregazione per le Chiese orientali, non ha mai smesso di seguire con passione le vicende legate alla Terra Santa. Diplomatico di lungo corso (è stato tra i principali collaboratori del cardinale Agostino Casaroli alla segreteria di Stato e per lunghi anni ha avito l’incarico di «ministro degli esteri» vaticano), il card. Silvestrini offre in una intervista che appare sul numero di maggio-giugno della rivista Terrasanta, la sua lettura degli sforzi per il dialogo e le speranze di pace in Medio Oriente.

«In questi ultimi tempi – ha raccontato a Manuela Borraccino, che ha raccolto l’intervista di cui proponiamo ampi stralci – siamo stati tentati dal pensiero che forse solo per stanchezza israeliani e palestinesi si metteranno d’accordo: quando vedranno che la violenza non conviene più a nessuno dei due. Penso sia invece giunto il momento in cui i leader politici europei prendano l’iniziativa per far ripartire i negoziati. I cristiani di tutto il mondo possono anche loro fare la propria parte: facendosi pellegrini in Terra Santa, contribuiscono alla permanenza dei cristiani, incoraggiano la convivenza tra ebrei e  musulmani, aiutano a preservare il carattere unico di Gerusalemme».

Dalla prima visita di un Papa a Gerusalemme, nel 1964, all’indimenticabile viaggio di Giovanni Paolo II, nel 2000: il cardinale Achille Silvestrini, 83 anni, tra i protagonisti della politica estera vaticana nei 40 anni che hanno vissuto speranze e fallimenti del processo di pace in Medio Oriente, rievoca luci e ombre degli sforzi compiuti per la convivenza tra ebrei, musulmani e cristiani in Terra Santa mentre guarda con favore alla missione Unifil coordinata dall’Italia in Libano: «Tutto può concorrere alla pace se c’è la volontà di tutti, se c’è una convergenza di intenti sia da parte di Israele che dei Paesi arabi limitrofi».

Per anni la diplomazia della Santa Sede ha indicato nel conflitto in Terra Santa «la madre di tutte le guerre», risolta la quale si sarebbe aperta nella regione un’era messianica di pace, sviluppo, progresso per l’intera regione. Lei pensa che questa visione sia valida ancora oggi?
Credo di sì, perché il conflitto fra israeliani e palestinesi è un nodo cruciale della pacificazione di tutta l’area. Non è la sola chiave, d’accordo, ma dopo 4 guerre e innumerevoli scontri e vittime da entrambe le parti, ed il coinvolgimento nelle violenze dei Paesi vicini, come si può pensare che non sia il perno di tutto? Io credo che la guerra in Terra Santa sia il focolaio principale dell’instabilità della regione. Se si trova un equilibrio di convivenza fra i due popoli, è più facile risolvere anche gli altri problemi sul tappeto, compreso il nodo di Gerusalemme.

Lei è stato testimone di eventi cruciali della storia del Medio Oriente. Come vede il futuro?
È difficile dirlo. La grande tragedia del Medio Oriente è che ogni volta che qualcuno ha seriamente cercato di far progredire la pace è stato assassinato: prima del premier israeliano Rabin nel 1994 è toccato al presidente egiziano Sadat nel 1981, e prima ancora al diplomatico dell’Onu Folke Bernadotte (il conte svedese che aveva aiutato tanti ebrei durante la guerra, nominato nel maggio 1948 dalle Nazioni unite mediatore speciale per la Palestina e assassinato quattro mesi dopo da terroristi della Banda Stern, mentre cercava di far approvare un accordo di pace che garantisse ai palestinesi la Cisgiordania ed il Negev – ndr). A volte siamo tentati dal pensiero che forse solo per stanchezza israeliani e palestinesi si metteranno d’accordo: quando saranno sfiniti dalla violenza e vedranno che non conviene più a nessuno dei due.

Che cosa può fare l’opinione pubblica occidentale?
Penso che i leader politici europei dovrebbero prendere l’iniziativa per far ripartire i negoziati. E i cristiani europei, d’altra parte, come singoli cittadini possono farsi pellegrini sulla Terra dove il Dio unico si è rivelato, per dare un segno di solidarietà concreta ai cristiani che vivono lì, ma anche per incoraggiare la convivenza tra ebrei, musulmani e cristiani e per preservare il carattere unico di Gerusalemme: chi ha camminato per quelle strade, chi ha percorso quei vicoli e visto la luce di quelle pietre, non l’ha più dimenticata.

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