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Santa Sede e Israele. Si riparte decisi

Manuela Borraccino
23 maggio 2007
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Santa Sede e Israele. Si riparte decisi
Città del Vaticano, 21 maggio 2007. I negoziatori della Santa Sede e di Israele si accingono a iniziare la riunione plenaria della Commissione bilaterale.

Dopo oltre tre ore di lavori in Vaticano, il 21 maggio scorso il direttore generale del ministero degli Esteri israeliano, Aaron Abramovich, ha espresso la propria soddisfazione per l'andamento della riunione plenaria della Commissione Santa Sede - Israele, incaricata di dirimere alcune controversie di carattere giuridico e fiscale sulle proprietà della Chiesa cattolica in Israele. È stata un'«ottima giornata per entrambe le delegazioni» con «progressi importanti» su alcuni temi e la certezza di essere «sulla strada giusta», ha detto Abramovich. Concorda, per conto della Santa Sede, il sottosegretario per i rapporti con gli Stati, mons. Pietro Parolin, secondo il quale il risultato più importante della giornata sta «nelle proposte costruttive avanzate su temi su cui finora non si era raggiunto alcun accordo».


Quella del 21 maggio è stata un’«ottima giornata per entrambe le delegazioni» con «progressi importanti» su alcuni temi e la certezza di essere «sulla strada giusta» per trovare l’accordo sui restanti argomenti in agenda. Con queste parole il direttore generale del ministero degli Esteri israeliano, Aaron Abramovich, ha espresso la propria soddisfazione per l’andamento della riunione plenaria della Commissione Israele – Santa Sede, incaricata di dirimere alcune controversie di carattere giuridico e fiscale sulle proprietà della Chiesa cattolica in Israele sulla base dell’Accordo fondamentale che nel dicembre 1993 sancì l’apertura delle relazioni diplomatiche ufficiali.

Il capo della delegazione vaticana, il sottosegretario per i rapporti con gli Stati mons. Pietro Parolin, vede il risultato più importante della giornata nel fatto che «sono state fatte delle proposte costruttive su temi sui quali finora non si era raggiunto alcun accordo». «Credo che avere delle proposte scritte sulle quali lavorare sia una novità  importante», ha detto all’indomani della plenaria a margine di un convegno organizzato a Roma dal Movimento internazionale degli intellettuali cattolici.

«Inoltre – ha proseguito mons. Parolin – è stata manifestata la volontà di continuare in modo intenso i negoziati, vedendoci a distanza ravvicinata per giungere a un accordo che possa essere soddisfacente per entrambe le parti». Sui contenuti dei colloqui c’è riservatezza assoluta, ma la soddisfazione per l’incontro si evince anche dal comunicato finale.

«È stato un incontro davvero molto proficuo: siamo arrivati a Roma con una serie di proposte e avevamo pianificato quelli che potevano essere dei risultati per oggi» ha detto poco prima di ripartire in serata il capo della delegazione israeliana, Abramovich. «Penso che sia stata un’ottima giornata per tutti, con progressi importanti su alcuni argomenti. Riteniamo di essere sulla buona strada per continuare a costruire la mutua comprensione sugli altri temi che restano da trattare, e speriamo di arrivare a un accordo molto presto».

Alla domanda sui «tempi» previsti per un accordo onnicomprensivo, visto che i negoziati vanno avanti dal 1999, Abramovich ha risposto che «nessuna scadenza è stata fissata, ma pensiamo di essere sul sentiero giusto. Il fatto stesso di aver fissato la prossima plenaria è di per sé un risultato, e nel frattempo gli esperti delle due delegazioni continueranno a incontrarsi quasi ogni mese. In tal modo contiamo di avere già dei risultati dal lavoro preparatorio, in modo che nella prossima plenaria si possano chiudere degli accordi su alcuni punti e procedere sul resto».

«Penso comunque che ognuno abbia intenzione di avere una discussione approfondita e raggiungere risultati significativi nel prossimo futuro. Entrambe le parti hanno una lista di priorità e sono ben organizzate: ciascuno di noi sa su cosa c’è convergenza e su cosa invece dobbiamo ancora lavorare» ha aggiunto il diplomatico israeliano con un sorriso.

Gli ha fatto eco padre David Jaeger, esperto giuridico della delegazione vaticana e unico membro dell’intera Commissione bilaterale ad essere rimasto nell’organismo fin dall’avvio, nel 1993, delle relazioni diplomatiche: «Per i negoziati è stata una giornata promettente. Questo sentimento di soddisfazione reciproca deve far sì che tutti si sentano impegnati a proseguire secondo gli accordi presi stamani». «Raggiungere un accordo onnicomprensivo – ha aggiunto – è una questione di buona volontà, dunque, in fin dei conti, di professionalità da entrambe le parti. La portata di quel che abbiamo discusso oggi si misurerà su quanto verrà raggiunto nei prossimi mesi. Si sa che per quanto riguarda il fisco, per la Santa Sede l’obiettivo è la riconferma dei diritti acquisiti in materia di esenzioni fiscali sotto l’Impero ottomano e confermate sia dal Mandato britannico che dalle Nazioni Unite nel 1948». Una presa di posizione problematica per lo Stato di Israele, che teme di instaurare un precedente e dover poi estendere la stessa esenzione alla miriade di istituti rabbinici e collegi religiosi ebraici che oggi pagano regolarmente le tasse.

«Per quanto riguarda l’altro punto delle proprietà – ha proseguito Jaeger, primo israeliano di nascita ad esser ordinato sacerdote in Israele e massimo esperto sui rapporti fra Chiesa e Stato nello Stato ebraico – noi vogliamo sicurezza giuridica: la Santa Sede deve poter essere sicura dei diritti di proprietà sui Luoghi sacri. È una questione di sicurezza legale» ha scandito. Il sacerdote francescano si riferisce, senza citarla, alla spinosa questione dell’accesso ai tribunali per dimostrare il possesso di terreni e immobili appartenenti alla Chiesa cattolica. Gli inglesi lo vietarono fin dal 1924 per evitare che le dispute religiose della Terra Santa finissero nelle aule giudiziarie. La Chiesa cattolica reclama, invece, tale diritto per difendere quei terreni coinvolti in un conflitto – quello fra Israele e palestinesi – che da decenni si combatte anche a suon di espropriazioni.

Dall’avvio dei negoziati nel 1999 i colloqui non si sono mai interrotti, ma lo scoppio della seconda Intifada e l’instabilità strutturale della regione hanno impedito finora decisioni politiche a livello governativo, come gli ultimi sviluppi dei negoziati sembrano cominciare a richiedere. Si sa che Israele appare oggi intenzionato a procedere a passo spedito verso una soluzione dei problemi. Anche perché il raggiungimento di un accordo che il Vaticano attende da anni renderebbe assai più fluida l’organizzazione dell’atteso viaggio che Benedetto XVI ha detto più volte di voler compiere in Terra Santa. E che è già slittato a dopo il 2007.

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