Storie, attualità e archeologia dal Medio Oriente e dal mondo della Bibbia
Da ragazzino viene offerto al Tempio dalla madre per essere consacrato al Signore. Una storia semplice che ci aiuta a riflettere sul mistero della vocazione di ciascuno di noi.

Samuele. Una vita donata al Signore

02/05/2007  |  Milano
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Samuele. Una vita donata al Signore
Nell'incisione Samuele, diventato profeta, unge e consacra il giovane Davide re di Israele.

Elia è senz’altro il più grande tra i profeti di Israele. Un posto importante, però, lo occupa la figura di Samuele, profeta chiamato a consacrare il re Saul e, in seguito, il re Davide. Siamo oltre mille anni avanti Cristo;  la memoria affonda le sue radici prima della Scrittura della Bibbia stessa.

La chiamata di Samuele è splendida: Anna, sua madre, è disperata per non avere avuto dei figli. Insieme al marito Elkana chiede con insistenza la grazia della fecondità e così accade: il figlio del pianto e della speranza, Samuele, viene donato al Tempio per essere consacrato al Signore. Samuele cresce come «chierichetto» di Eli e proprio nel Tempio avviene la chiamata: Eli, con saggezza e prudenza, capisce che è Dio che sta chiamando il ragazzino e gli insegna a rispondere. La semplicità del racconto, quasi «naif», ci aiuta a riflettere sul mistero della chiamata. Ogni essere umano è chiamato a fare esperienza di Dio nella propria vita. Alcuni, in maniera particolare, sono scelti dal Signore ad una vita di consacrazione speciale, a servizio del Regno.

Nella Bibbia emerge in maniera forte la chiamata diretta, a volta imperiosa, di Dio nei confronti dei profeti. In modi diversi, attraverso gli eventi, attraverso la preghiera, attraverso altri profeti, questi uomini di Dio sono strappati alla quotidianità per diventare una fiamma bruciante d’amore. Samuele è chiamato da ragazzo, mentre fa servizio nel Tempio, e conosce Dio nell’ascolto del silenzio.

In altre epoche le nostre diocesi puntavano sulla formazione di ragazzi che manifestavano una particolare sensibilità religiosa ed erano avviati al seminario minore. Oggi questa forma è abbandonata da quasi tutte le Chiese, ma mantiene una sua validità. È sicuramente difficile, di questi tempi, con tutte le implicazioni, compiere un discernimento vocazionale che parta dall’adolescenza. Non dobbiamo, però, mettere i paletti a Dio. Abbiamo, anche nella Chiesa attuale, presbiteri e religiosi che hanno iniziato il loro percorso proprio da bambini e che oggi, adulti, guardano all’evento della propria vocazione riconoscendovi l’opera di Dio.

Una cosa è certa: Dio continua a chiamare uomini e donne a servizio del Regno, e lo fa ad ogni età. Un clima di silenzio facilita la percezione della chiamata. È un buon suggerimento per le nostre comunità e per le famiglie che seguono il Signore. Sarebbe bello recuperare, con linguaggi e strumenti adatti all’attuale sensibilità, alcune forme di preghiera famigliare e di educazione all’interiorità che potrebbe aiutare molte persone, anche i giovani e i ragazzi a rispondere: «Parla, Signore, il tuo servo ti ascolta».

(Il testo biblico di riferimento è il capitolo 3, versetti 1-10, del Primo libro di Samuele)

L’autore è sacerdote della diocesi di Aosta e curatore del sito web
Tiraccontolaparola.it

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