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Nuove accuse di tortura ai servizi segreti israeliani

08/05/2007  |  Gerusalemme
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Due note organizzazioni israeliane per la tutela dei diritti umani hanno pubblicato nei giorni scorsi un rapporto che raccoglie le testimonianze di decine di detenuti palestinesi. Essi raccontano di essere stati maltrattati e torturati dai servizi segreti di Israele. Per il ministero della Giustizia israeliano le testimonianze sono inattendibili e non verificabili.


Per le due organizzazioni che ne hanno raccolto le testimonianze, decine di detenuti palestinesi sarebbero stati maltrattati e torturati dai servizi segreti israeliani. Per il ministero della Giustizia israeliano, invece, quelle stesse testimonianze sono inattendibili e, essendo anonime, non verificabili. È polemica accesa in Israele dopo la pubblicazione, domenica scorsa, di un rapporto di due note organizzazioni non governative, B’tselem (Centro di informazione israeliano per i diritti umani nei Territori occupati palestinesi) e HaMoked (Centro per la difesa dell’individuo).

Il documento, infatti, accusa senza mezzi termini gli agenti dello Shin Bet, i quali avrebbero violato, nel corso di numerosi interrogatori condotti su detenuti palestinesi, le leggi internazionali che proibiscono sevizie e torture. «Il rapporto è viziato da errori e inaccuratezze», ha replicato il ministero della Giustizia, secondo il quale i casi analizzati sono stati riportati «in modo tendenzioso, così da distorcere la realtà».

Il documento presenta le testimonianze di 73 detenuti palestinesi, sospettati di far parte di fazioni armate, interrogati dai servizi segreti israeliani tra luglio 2005 e marzo 2006. I maltrattamenti denunciati sono di vario tipo: privazione del sonno per più di 24 ore, percosse «invisibili» (che non lasciano, cioè, marchi sulla pelle), obbligo di assumere per molto tempo posture dolorose («posizione della banana» o «del rospo»). E poi, ancora, ingiurie, umiliazioni, privazioni fisiche, impossibilità di contattare i propri legali. Il tutto per «fiaccare lo spirito» dei sospetti miliziani.

Il ministero della Giustizia ha negato gli addebiti, spiegando che tutte le indagini dello Shin Bet sono condotte secondo la legge. Le informazioni ottenute dai servizi di sicurezza, sottolineano le autorità, hanno inoltre contribuito negli ultimi anni a salvare la vita di molti civili. Il ministero riporta un esempio relativo al luglio del 2005, quando, in seguito a un attacco terroristico registratosi a Natanya, le indagini dello Shin Bet furono determinanti per sventare numerosi successivi attentati collegati al primo.

Va qui ricordato che l’Alta Corte israeliana, pur avendo dichiarato nel 1999 il divieto della tortura, ha stabilito un’eccezione nel caso in cui questo metodo sia teso a impedire la realizzazione imminente di attacchi terroristici.

I dati raccolti da B’tselem e HaMoked fanno comunque riflettere. Stando alle due organizzazioni, negli ultimi sei anni non è stata mai avviata alcuna inchiesta contro i metodi dei servizi segreti, nonostante siano state presentate ben 500 denunce per sevizie. Una discrepanza dovuta, secondo gli autori del rapporto, al fatto che è lo stesso Shin Bet a dover verificare l’attendibilità delle denunce. Per questo, spiegano B’tselem e HaMoked, è necessaria l’approvazione di una nuova legge che, oltre a ribadire il bando di torture e sevizie, deleghi a un’agenzia indipendente il compito di svolgere le inchieste su ogni singolo caso.

Anche su questo punto, comunque, il ministero della Giustizia ha replicato alle accuse, osservando che le indagini dei servizi segreti si svolgono già ora sotto la costante supervisione di una commissione interministeriale, di una sotto-commissione parlamentare, del ministero della Giustizia stesso e del Controllore di stato.

Il rapporto delle due organizzazioni, però, sottolinea che gli interrogatori dello Shin Bet sono chiaramente supportati dalle autorità israeliane. I servizi segreti, insomma, sono «parte del sistema», e dunque «la situazione descritta nel documento non si sarebbe potuta verificare senza il sostegno di altri organismi responsabili dell’applicazione della legge in Israele».

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