All'ombra della cupola del Brunelleschi, sull'altare del duomo di Firenze, c'è una piccola lampada a forma di colomba. Viene da Taybeh, villaggio palestinese interamente cristiano. Come questa luce sia arrivata in Centro Italia è una lunga storia, che comincia dall'olio di oliva, elemento che accomuna la Toscana e la Terra Santa.Taybeh, l'antica Efraim (in aramaico «la fertile»), si trova a una ventina di chilometri da Gerusalemme. Da alcuni anni, grazie all'associazione Coltiviamo la pace, c'è un gemellaggio che lega l'arcidiocesi di Firenze ai cristiani di Taybeh. Vi raccontiamo come è nato.
All’ombra della cupola del Brunelleschi, sull’altare del duomo di Firenze, c’è una piccola lampada a forma di colomba. Viene da Taybeh, villaggio palestinese interamente cristiano. Come questa luce sia arrivata in Centro Italia è una lunga storia, che comincia dall’olio di oliva.
Taybeh, l’antica Efraim (in aramaico «la fertile»), si trova a una ventina di chilometri da Gerusalemme. Circondata dagli ulivi ha prosperato nei secoli, ma le guerre arabo-israeliane hanno portato durissime conseguenze: ottomila persone sono emigrate all’estero. L’esodo si è arrestato solo da qualche anno, grazie alla buona volontà di chi è rimasto e al sostegno giunto da Firenze.
«Quando sono andato a Taybeh nel 2000 – racconta Giovanni Gianfrate, uno dei coordinatori dell’associazione toscana Coltiviamo la pace – si produceva olio scadente. Gli abitanti si servivano di un frantoio usato prima dagli arabi, facendo passare troppo tempo tra la raccolta e la molitura». La popolazione faticava a sopravvivere così Giovanni e altri fiorentini si impegnano a ridare speranza a questo paese.
Nasce l’associazione Coltiviamo la pace e l’arcidiocesi di Firenze «adotta» i cristiani di Taybeh. L’annuncio viene dato dal cardinale Ennio Antonelli nella messa di ringraziamento del 31 dicembre del 2003. Intanto si ottengono già i primi risultati: assieme al parroco del villaggio palestinese, don Raed, e con l’autorizzazione del patriarca latino di Gerusalemme Michel Sabbah, viene costruito un frantoio moderno per ottenere olio di qualità. Per venderlo si trova una società del commercio equo e solidale francese. Infine si pensa a come utilizzare la spremitura di scarso valore. «Da noi si chiamava lampante – ricorda Giovanni – perché serviva solo per le lampade e quindi abbiamo immaginato lumi a forma di colomba che bruciano olio di Taybeh, da portare ovunque come semi di pace». Ed ecco spiegato perché c’è una lampada nel duomo di Firenze.
All’oleificio seguono altri progetti: vengono costruiti un centro medico per la cura degli anziani e dei portatori di handicap e laboratori artigianali. Oltre all’olio gli abitanti di Taybeh cominciano a vendere sapone, miele, birra, candele, ceramiche e piccoli oggetti in legno d’olivo.
Tutto questo avviene in Terra Santa, ma Coltiviamo la Pace è attiva anche nella sua città di origine. Il diacono Lorenzo Paolino, si rivolge ai giovani fiorentini, li accompagna fino al villaggio gemellato con la loro Arcidiocesi. La professoressa Erminia Zampano invece cura il Teatro delle emozioni, un programma culturale che va avanti da alcuni anni.
L’ultimo, in ordine di tempo, importante progetto è sulle colline che sovrastano Firenze: un altare dedicato a san Francesco nel giardino del convento di Monte alle Croci. L’opera contiene una pietra della Terra Santa, portata in uno dei tanti container carichi dei prodotti di Taybeh. All’inaugurazione, l’11 e 12 maggio, sarà presente il Custode di Terra Santa, fra Pierbattista Pizzaballa, in visita a Firenze. Un nuovo altare per testimoniare come la fertile Efraim ha portato i suoi frutti fino alla fertile Firenze, e viceversa.