Mentre scrivo queste righe ho il cuore pesante. La notizia dell’assassinio di tre dipendenti dell’editrice cristiana Zirve, avvenuto a Malatya, una città del sud-est della Turchia, a fine marzo (Zirve è una casa editrice protestante, specializzata nella stampa di Bibbie e Vangeli) mi ha fatto rivivere, per la brutalità del gesto, la tragedia dell’uccisione di don Santoro, il 5 febbraio 2006. A far scattare la mattanza, ancora una volta quella miscela esplosiva di nazionalismo e di islam fondamentalista che valuta cristianesimo e valori occidentali come una minaccia per il Paese e per l’intero Medio Oriente.
Di fronte a questa situazione, quale chance può avere il dialogo? E come non farsi cogliere dallo scoramento?
Abbiamo seguito con apprensione il viaggio di Benedetto XVI in Turchia, nel novembre scorso; un viaggio delicato, preceduto da incomprensioni e difficoltà, ma che ha mostrato al mondo musulmano il sincero desiderio d’incontro che ha guidato il Papa. «Il modo migliore per andare avanti – disse in quell’occasione Benedetto XVI al presidente del direttorato per gli Affari religiosi della Turchia – è quello di un dialogo autentico fra cristiani e musulmani, basato sulla verità ed ispirato dal sincero desiderio di conoscerci meglio l’un l’altro, rispettando le differenze e riconoscendo quanto abbiamo in comune».
Conoscenza nella verità, accoglienza nelle differenze, riconoscimento dei valori comuni, rispetto delle scelte personali e delle convinzioni religiose: sono questi i pilastri del dialogo che il Santo Padre ha voluto sottolineare. Un percorso che anche noi ci sentiamo di indicare – nel nostro piccolo – come il solo capace di isolare l’intolleranza e la brutalità di chi pratica la violenza in nome della religione. Come il solo in grado di schiudere un futuro di collaborazione e di vero dialogo.