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Droga in Medio Oriente. Si diffonde l’uso, ma parlarne è tabù

28/05/2007  |  Milano
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Droga in Medio Oriente. Si diffonde l’uso, ma parlarne è tabù
Papaveri da oppio in Afghanistan.

Se ne parla poco perché il tema, da quelle parti, è circondato da tabù di carattere sociale, religioso e politico. Eppure la diffusione delle droghe nei Paesi del Medio Oriente sta assumendo ormai proporzioni importanti, tanto che la regione, da «privilegiato» luogo di transito qual era è ormai catalogata come «terra di consumo». Gli stessi governi dell'area da qualche tempo hanno avviato programmi per contrastare il fenomeno, mantenendo però uno stretto riserbo sulle specifiche situazioni interne. Non è un caso che per quasi nessuno dei Paesi mediorientali siano disponibili statistiche ufficiali sul numero dei tossicodipendenti.


È un fenomeno di cui si parla poco, circondato com’è da tabù di carattere sociale, religioso e politico. Eppure la diffusione delle droghe nei Paesi del Medio Oriente sta assumendo ormai proporzioni importanti, tanto che la regione, da «privilegiato» luogo di transito è ormai catalogata come «terra di consumo» negli studi delle agenzie internazionali. Gli stessi governi dell’area da qualche tempo hanno avviato programmi per contrastare il fenomeno, mantenendo però uno stretto riserbo sulle specifiche situazioni interne.

Non è un caso che per quasi nessuno dei Paesi mediorientali siano disponibili statistiche ufficiali sul numero dei tossicodipendenti. Gli stessi rapporti redatti dall’Onu, dalle organizzazioni non governative e dai centri studi contengono dati spesso divergenti, conseguenza della poca trasparenza governativa in merito.

Il fenomeno è certamente presente in Israele e, soprattutto, tra i palestinesi. Ma in quelle due società l’attenzione è incentrata su altre emergenze e i dati in proposito non sono dispoibili o sono poco aggiornati.

In Iran, il Paese con il più alto tasso al mondo di tossicodipententi in rapporto alla popolazione, sarebbero oltre due milioni i «consumatori stabili». Il ministero della Salute iraniano ha stimato pochi giorni fa in 350 mila gli eroinomani, il 70 per cento dei quali consuma assume eroina per via endovenosa.

Secondo le autorità iraniane, il numero dei tossicodipendenti cresce ormai nel Paese a un ritmo dell’8 per cento annuo. Teheran ha da poco aumentato da 8,6 a 21,5 milioni di dollari lo stanziamento destinato a contrastare questo fenomeno, intensificando i progetti mirati alla disintossicazione. La contiguità territoriale con l’Afghanistan, che produce addirittura l’87 per cento dell’oppio a livello mondiale, fa sì che le sostanze stupefacenti siano in Iran largamente disponibili a prezzi molto bassi.

Una caratteristica, questa, che sembra riguardare però l’intero arco mediorientale. In Egitto, ad esempio, una dose di eroina è facilmente reperibile per l’equivalente di dieci dollari. Secondo lo psichiatra Mohamed Ghanem, del ministero della Salute egiziano, l’età media dei tossicodipendenti nel Paese è ormai scesa a 17 anni, e l’incidenza statistica tra le donne, quasi nulla negli anni Novanta, ha raggiunto ormai i livelli di quella maschile. Nessun dato ufficiale è disponibile per l’Egitto, ma gli esperti stimano in almeno 1 milione i tossicodipendenti nel Paese. Nella regione del Sinai, tra l’altro, la produzione di oppio resta molto alta, anche a causa delle difficoltà del governo di intervenire in un’area difficilmente controllabile.

Stesso problema per il governo libanese, che stenta a sradicare la produzione avviata nella valle della Bekaa, e per la confinante Siria. In Giordania, situata in posizione strategica all’incrocio tra le rotte del traffico est-ovest e nord-sud, il numero di tossicodipendenti, stando a un rapporto della polizia locale, è praticamente raddoppiato in appena cinque anni. Peraltro, se una decina di anni fa i tossicomani erano per lo più localizzati nella capitale Amman e nelle città di confine, oggi il fenomeno droga pervade pressoché tutti i centri urbani del Paese.

Preoccupante anche la situazione della Libia. Secondo fonti ufficiali, il tasso di incidenza dell’Hiv nella popolazione (0,3 per cento) è tre volte più alto che nei Paesi confinanti. Un fenomeno dovuto, stando agli esperti, proprio all’aumento del consumo di sostanze stupefacenti. Si stima che negli ultimi anni ben il 90 per cento dei sieropositivi abbia contratto l’Hiv tramite lo scambio di siringhe infette.

Pochi i dati disponibili per l’Iraq, dove il fenomeno comunque sembra in forte ascesa. Ad esempio il numero degli eroinomani «registrati» come tali a Baghdad è passato dai 3 mila del 2004 ai 7 mila del 2005, mentre a Kerbala, nello stesso periodo, si è passati da 400 a 1.200.

Anche nei Paesi del Golfo il consumo di droga è in deciso aumento. Se in linea generale i governi dell’area continuano a mantenere un atteggiamento «omertoso» sull’argomento, è d’altra parte vero che negli ultimi tempi diversi Stati, come l’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti, hanno cominciato a puntare maggiormente sulla prevenzione e sulla riabilitazione dei tossicodipendenti piuttosto che sulla semplice repressione del fenomeno. Aumentano, così, il numero dei centri di disintossicazione e le campagne di sensibilizzazione dirette in particolare ai giovani.

Il tabù, però, è ancora ben radicato nella cultura di tutti i Paesi della regione. Secondo gli analisti, dunque, il primo passo da compiere nella lotta agli stupefacenti in Medio Oriente deve essere quello di una forte presa di coscienza, sia da parte della autorità che della popolazione, del fenomeno e dei rischi sanitari e sociali ad esso correlati, in modo da poter intraprendere tutte le contromisure idonee a bloccarne la diffusione.

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