Questa volta lo dicono i dati del governo israeliano: il 32,4 per cento dei terreni su cui sono stati costruiti gli insediamenti israeliani è proprietà privata di palestinesi. La notizia è stata rilanciata a metà marzo dal gruppo pacifista israeliano Peace Now. I dati utilizzati sono quelli ufficiali dell’amministrazione civile e confermano quanto già Peace Now aveva pubblicato in un rapporto del novembre scorso.
La costruzione degli insediamenti (ben 131) sulle terre di proprietà palestinese solleva una questione di giustizia non da poco in una regione già segnata da pesanti disequilibri e ingiustizie.
In un primo tempo, alle rimostranze dell’associazione nei confronti del fiorite di insediamenti e avamposti, le autorità competenti avevano dichiarato che i terreni edificati erano di proprietà demaniale o risultanti senza proprietari. Di fronte ad un’azione legale dell’organizzazione pacifista, convinta invece del contrario, l’Amministrazione civile della Cisgiordania ha dovuto ammettere l’illegalità di gran parte degli insediamenti. L’Alta corte israeliana di giustizia da lungo tempo ormai ha stabilito che non si possono confiscare (o peggio sottrarre) terre private per la costruzione di nuovi insediamenti.
La collocazione degli insediamenti in violazione di un diritto altrui non sembra essere uno strumento del tutto appropriato per raggiungere la sicurezza. La legalità e la giustizia possono essere viceversa la strada maestra per arrivare ad un contesto di pacifica convivenza.