Che toni asssumono i riti della Pasqua a Gerusalemme, il punto geografico in cui ebbero luogo gli eventi al centro delle celebrazioni cristiane di questi giorni? Quali caratteristiche distintive hanno le liturgie nella città del Crocifisso-Risorto? Ce lo racconta fra Jerzy Kraj, padre guardiano del convento francescano di San Salvatore, il quale ci spiega che - nonostante i vari appuntamenti in programma nei santuari che ricordano questo o quel momento della passione di Gesù - il fulcro di tutto rimane la basilica del Santo Sepolcro, o dell'Anastasis, come la chiamano i cristiani orientali. Un edificio che sta lì ad ammonire che se Cristo non fosse risorto vana sarebbe la fede dei suoi.
Sicuramente molti si chiedono cosa significhi celebrare la liturgia pasquale della morte e risurrezione di Gesù Cristo negli stessi luoghi che sono stati santificati della presenza fisica del Redentore.
Non tutti forse sanno che nella liturgia gerosolimitana oltre all’attualizzante avverbio hodie, «oggi», si usa anche l’avverbio di luogo hic, «qui». È questo aspetto geografico che, nelle liturgie, caratterizza più di ogni altro la celebrazione della Pasqua in Terra Santa. Non possiamo immaginare uno scenario più adatto all’adorazione della Croce che il Golgota, né il luogo più indicato per la proclamazione della gioia della risurrezione che la tomba vuota di Gesù.
Il Triduo pasquale celebrato a Gerusalemme ha una dimensione non solo sacramentale ma anche geografica. Ha il suo peso, che non è solo sentimentale, la celebrazione dell’Ora Santa il pomeriggio del giovedì nella basilica dell’Agonia, e la devota visita dell’Orto degli Ulivi con la grotta del tradimento e dell’arresto. Come è anche importante la pellegrinazione alla cappella che ricorda l’ultima cena del Signore con i suoi apostoli, oppure la meditazione della Via Crucis nelle affollate viuzze della città vecchia. Il centro della liturgia della Settimana Santa sta comunque nella basilica del Santo Sepolcro, detta dai nostri fratelli delle Chiese orientali «dell’Anastasis», cioè della risurrezione. Qui si trova il cuore della Gerusalemme cristiana.
Il Giovedì Santo il patriarca latino presiede la solenne Eucaristia davanti all’edicola del Sepolcro, perché il memoriale del suo corpo e sangue non avrebbe potenza salvifica senza la morte di Cristo sul Calvario. Perciò già dai tempi antichi, quando ancora il Cenacolo era nelle mani dei cristiani (i frati della Custodia, che ne rivendicano tuttora la proprietà, ne furono espropriati nel 1551 – ndr), è stato scelto il luogo della Risurrezione per commemorare l’istituzione del sacramento dell’eucaristia e del sacerdozio.
Tanti segni particolari distinguono la liturgia gerosolimitana. Per esempio durante la Veglia pasquale celebrata nella basilica dell’Anastasis, all’inizio della liturgia il cero pasquale viene acceso non dal fuoco nuovo ma dalla fiamma di una lampada a olio che brilla giorno e notte nell’edicola del Santo Sepolcro. Il cero pasquale è infatti il simbolo della risurrezione, di cui la tomba vuota è un testimone muto. Già nel IV secolo Egeria, nel suo Diario del viaggio in Terra Santa, ricorda questo significativo segno della liturgia di Gerusalemme. In epoca bizantina si accendevano le candele nello stesso modo ogni giorno durante la cosiddetta «liturgia della luce».
A Gerusalemme, durante la Messa della Risurrezione, il mistero pasquale si può quasi toccar con mano. La pietra della tomba vuota non è solo il simbolo della risurrezione, ma qualcosa di più: la prova tangibile che Gesù è risorto. Davanti all’edicola, che come un reliquario custodisce i resti della vera tomba del Redentore, viene preparato l’altare su cui Cristo diventa l’eterno vivente nelle specie del pane e del vino. Al termine dell’Eucaristia un’affollata processione compie per tre volte il giro della rotonda dell’Anastasis. Alla fine del terzo giro si passa sotto il Calvario e attorno alla Pietra dell’Unzione. Durante la processione i diaconi cantano quattro volte i brani del Vangelo che raccontano la risurrezione del Signore, volendo in questo modo simbolicamente proclamare l’esaltante verità ai quattro punti cardinali del mondo.
Il gioioso annunzio della risurrezione, con il canto dell’alleluia pasquale, è accolto dai fedeli locali e dai tanti pellegrini proveniente da tutto il mondo, gli uni e gli altri invitati ad essere con la loro vita gli evangelici testimoni della verità pasquale che ancora e sempre ci dice che la Vita ha vinto la morte. «Non è qui. È risorto come aveva detto». Buona Pasqua!