Si può discutere con franchezza delle ragioni e dei torti nel conflitto israelo-palestinese senza trasformare per forza in caricatura le posizioni dell'altro? È l'esperienza interessante proposta in questa lunga intervista di Ruthie Blum a Sari Nusseibeh apparsa sul Jerusalem Post. La prima è una sanguigna giornalista ebreo-israeliana che ha recentemente pubblicato un libro sulle sofferenze patite dalla popolazione di Israele durante la seconda Intifada, il secondo è un intellettuale palestinese, rettore dell'Università al-Quds. Un invito alla lettura.
Si può discutere con franchezza delle ragioni e dei torti nel conflitto israelo-palestinese senza trasformare per forza in caricatura le posizioni dell’altro? È l’esperienza interessante proposta in questa lunga intervista di Ruthie Blum a Sari Nusseibeh apparsa sul Jerusalem Post.
I loro sono due nomi noti a chi segue con un po’ di costanza le vicende di questa regione: Ruthie Blum è una giornalista non certo buonista nel suo sguardo sul conflitto. Il suo libro Gente di Israele, pubblicato in Italia da Lindau con prefazione di Fiamma Nirenstein, è infatti una vera e propria denuncia delle sofferenze patite dalla gente di Israele durante la seconda Intifada. Sari Nusseibeh è invece il rettore dell’Università al Quds, l’università palestinese di Gerusalemme Est. È noto per aver promosso negli stessi anni, insieme all’israeliano Ami Ayalon, The people voice, un’iniziativa promossa parallelamente nella società civile israeliana e palestinese per la soluzione del conflitto basata sui confini del ’67 e la rinuncia al ritorno dei profughi palestinesi entro i confini d’Israele.
Prospettive diverse e dall’intervista si capisce subito molto bene. Le domande di Ruthie Blum incalzano Nusseibeh sul vittimismo palestinese, sulle vicende del 2000, sul fatto che il suo libro appena uscito negli Stati Uniti verrà certamente tradotto in ebraico ma non sa ancora se ci sarà un editore arabo disposto a pubblicarlo. Ma le risposte di Nusseibeh sono altrettanto franche: è molto interessante, ad esempio, la parte sulle origini dell’identità palestinese, dove sostiene acutamente che il fatto che un’idea nazionale sia sorta in tempi più recenti rispetto a un’altra non la rende per questo meno degna. O la tesi secondo cui una proposta chiara e pubblica sulla fisionomia finale dei due Stati potrebbe aiutare a spezzare la dicotomia tra Hamas e Fatah nella società palestinese.
Ma al di là delle singole tesi, il dato interessante, lo ribadiamo ancora, è la scelta di intervistare chi non la pensa come te. E di dare spazio in maniera leale alle sue risposte. Uno stile giornalistico purtroppo molto raro nelle analisi italiane sul conflitto israelo-palestinese. Da noi Fiamma Nirenstein sul Giornale intervisterebbe Ruthie Blum, Umberto de Giovanangeli sull’Unità intervisterebbe Sari Nusseibeh. Non sarebbe ora di cominciare ad ascoltarli insieme?
Clicca qui per leggere l’intervista sul Jerusalem Post.