Due minuti di silenzio, accompagnati in tutto Israele dal suono di una sirena, alle 10 di questa mattina hanno unito gli ebrei israeliani nel ricordo dei martiri e degli eroi dell'Olocausto. La Giornata della Memoria si è aperta ieri sera con un cerimonia ufficiale al museo dello Yad Vashem. Erano presenti le massime autorità dello Stato e i leader religiosi del Paese. Nell'area riservata al corpo diplomatico ha preso posto anche il nunzio apostolico, mons. Antonio Franco, che è tornato sui suoi passi dopo la protesta dei giorni scorsi. I responsabili del museo Yad Vashem si sono impegnati con lui a sottoporre a verifica il giudizio storico sull'operato di Papa Pio XII.
(e.s.) – Due minuti di silenzio accompagnati in tutto Israele dal suono di una sirena. Alle 10 di oggi, lunedì 16 aprile, è stato questo il momento saliente della Giornata della memoria dei martiri e degli eroi dell’Olocausto (in ebraico lo Yom Hashoah, corrisponde al ventisettesimo giorno del mese di Nisan). Allo Yad Vashem, il museo di Gerusalemme dedicato alla Shoà, vengono ricordati i nomi dei sei milioni di ebrei – di cui un milione e mezzo erano bambini – uccisi nei campi di concentramento. Un modo per restituire l’identità e la dignità a tutti gli uomini e le donne che furono annientati dal regime nazista.
Nella serata di ieri si è svolta una prima cerimonia ufficiale: alla presenza della presidente del Parlamento Dalia Iztik – che sta svolgendo le funzioni di capo dello Stato essendo il titolare, Moshe Katzav, sospeso perché sottoposto a un’indagine di polizia per presunte molestie sessuali -, del premier Ehud Olmert, delle più importanti personalità religiose, sei sopravvissuti hanno acceso altrettante torce in memoria delle vittime.
Tra il folto pubblico di invitati c’erano i membri del corpo diplomatico. Presente anche il nunzio apostolico, mons. Antonio Franco, che è tornato sulla sua decisione di non presenziare alla cerimonia dopo aver ricevuto una lettera dal presidente dello Yad Vashem, Avner Shalev, in cui si riconosce che «la valutazione del ruolo di Papa Pio XII durante l’Olocausto pone una sfida a coloro che intendano seriamente confrontarsi con essa. La questione è complessa e noi continueremo ad assicurarci di restare ancorati alla verità storica più aggiornata. Saremo lieti di esaminare ogni nuova documentazione che possa venire alla luce a riguardo». Shalev conclude la missiva auspicando «un dialogo costruttivo e fruttuoso, basato sulla reciproca comprensione e buona volontà».
Le televisioni e le emittenti radiofoniche seguono con lunghe dirette i principali eventi di questa Giornata, mentre nei luoghi pubblici di Israele e nelle scuole si tengono commemorazioni dell’Olocausto. Sono gli stessi sopravissuti, accompagnati dalle loro famiglie, a raccontare soprattutto alle giovani generazioni il dramma subito, perché non si ripeta mai più.
Ma lo Yom Hashoah non è solamente una giornata di memoria. È anche l’occasione per riflettere sulla situazione attuale e alcuni dati resi noti nei giorni scorsi rivelano un quadro preoccupante. Secondo il Fondo per i sopravvissuti alla Shoah, in Israele circa ottantamila scampati all’Olocausto su 260 mila vivono sotto la soglia di povertà, ossia con meno di 300 euro al mese. Un terzo di loro si trova quindi in condizioni deplorevoli, senza il supporto e le cure essenziali. Ai problemi economici si aggiungono quelli psicologici e di salute fisica derivati dalla malnutrizione e dalle dure condizioni subite nei campi di sterminio.
Molti sopravvissuti hanno denunciato di non avere i soldi per acquistare i medicinali di base, addirittura c’è chi non riesce a comprarsi un semplice paio di occhiali da vista. Si tratta di storie di difficoltà tali che alla vigilia della giornata della memoria, il primo ministro Olmert è intervenuto, assicurando l’impegno del governo per garantire ai sopravvissuti una vecchiaia serena.
Ma ci sono anche altri segni che pesano sullo Yom Hashoah. Secondo l’Institute for Researching contemporary anti-semitism and racism, nel 2006 si è registrato un netto aumento degli episodi di antisemitismo in diversi Paesi. Sono stati rilevati il doppio di episodi di violenza e vandalismo contro gli ebrei rispetto agli anni passati, sia in forma di aggressioni a singole persone, sia come attacchi a istituti scolastici e sinagoghe. Capolista è la Gran Bretagna dove sono stati denunciati un centinaio di episodi di antisemitismo, il 37 per cento dei quali di natura violenta.