Quella del cardinale Carlo Maria Martini a Gerusalemme è una presenza discreta e defilata dalla vita pubblica, dedita soprattutto alla predicazione di esercizi spirituali, allo studio e al raccoglimento (non è raro vederlo in preghiera nella basilica del Santo Sepolcro). La sera del 15 marzo a Betlemme, Martini ha incontrato i 1.300 pellegrini milanesi venuti in Terra Santa con l'arcivescovo card. Dionigi Tettamanzi. Parlando a loro nel corso della Messa, il cardinale gesuita ha espresso serena gratitudine per la sua vita e invitato tutti a coltivare il bene in mezzo al male.
Quella del cardinale Carlo Maria Martini a Gerusalemme è una presenza discreta e defilata dalla vita pubblica. L’ex arcivescovo di Milano ha più volte ribadito di voler essere lì soprattutto per pregare e intercedere, in particolare per quel popolo che ha guidato come vescovo per oltre due decenni.
Non è raro vederlo in preghiera e raccoglimento nella basilica del Santo Sepolcro, seduto accanto agli altri fedeli e vestito come uno di loro, le mani appoggiate al bastone che negli ultimi tempi dà conforto ai suoi passi, resi talvolta incerti da quel compagno di strada che è il morbo di Parkinson.
La sera del 15 marzo a Betlemme, il cardinale Martini ha incontrato i 1.300 pellegrini milanesi venuti in Terra Santa con l’arcivescovo card. Dionigi Tettamanzi. La Messa presieduta da Martini nella chiesa di Santa Caterina, attigua alla basilica della Natività, è stata l’occasione per esprimere gli auguri di buon compleanno da parte della diocesi al cardinale gesuita, nato a Torino il 15 febbraio di 80 anni fa.
Dal punto di vista meteorologico i milanesi non hanno avuto fortuna. Il viaggio è stato accompagnato da maltempo e freddo. Arrivando a Betlemme s’è vista pure la neve. «Voi avete fatto una cosa che non era mai accaduta – ha osservato Carlo Maria Martini salutandoli -. Avete fatto il Natale nel mese di marzo, addirittura con la neve… Questa chiesa è piena quasi come la notte di Natale».
Poi ha proseguito per una ventina di minuti, nel corso dei quali ha invitato a non ripiegarsi nella lamentela e nel pessimismo e a comunicare con gli altri, credenti e non credenti, usando parole laiche e un linguaggio comune e però capace di far emergere la verità.
Ma in particolare Martini ha tracciato una sorta di sereno bilancio: «Da parte mia, per i miei ottant’anni, la gratitudine va soprattutto a voi. Il tempo certamente più bello, più ricco e più intenso sono i 22 anni e 5 mesi che ho trascorso a Milano. Un periodo in cui ho ricevuto molto e che tra l’altro, me ne sono accorto dopo, coincide esattamente con il tempo in cui sant’Ambrogio è stato arcivescovo di Milano. Almeno in questo ho imitato il mio predecessore».
Le letture della Messa, incentrata sul mistero della natività di Gesù Cristo, contenevano un invito alla gioia e il cardinale ha commentato: «La Scrittura dice: "Operiamo il bene perché i tempi sono cattivi". In questi tempi dobbiamo vivere gioia, esultanza, pace anche se sono tempi sofferti, dolorosi. Bisogna lasciarsi prendere da questa gioia per una natività che è anzitutto quella di Gesù, che illumina la storia ed è il centro del mondo. Ma anche gioia per la nostra natività. Ogni nascita è un’ipotesi per il bene o per il male. È un inizio non predeterminato, nel quale si può entrare in una via di oscurità, di frustrazione, di rabbia, di vendetta e di violenza, oppure di verità. Io debbo e posso esprimere un ringraziamento vivissimo a Dio perché il Signore nella sua bontà ha permesso che la mia vita si svolgesse, malgrado le mie resistenze, fatiche e negligenze, secondo una linea che mi dà molta gioia. Non credo di avere particolari rimpianti, o di dovermi leccare le ferite. Confido nella misericordia di Dio e so che il Signore è più grande del nostro cuore. Vorrei che ognuno di noi potesse guardare così alla propria vita, con una visione fiduciosa e ottimista».