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Martini: «Viviamo la gioia anche in questi tempi difficili»

16/03/2007  |  Betlemme
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Martini: «Viviamo la gioia anche in questi tempi difficili»
Il card. Carlo Maria Martini accanto al patriarca latino di Gerusalemme, mons. Michel Sabbah, in un'immagine di repertorio.

Quella del cardinale Carlo Maria Martini a Gerusalemme è una presenza discreta e defilata dalla vita pubblica, dedita soprattutto alla predicazione di esercizi spirituali, allo studio e al raccoglimento (non è raro vederlo in preghiera nella basilica del Santo Sepolcro). La sera del 15 marzo a Betlemme, Martini ha incontrato i 1.300 pellegrini milanesi venuti in Terra Santa con l'arcivescovo card. Dionigi Tettamanzi. Parlando a loro nel corso della Messa, il cardinale gesuita ha espresso serena gratitudine per la sua vita e invitato tutti a coltivare il bene in mezzo al male.


Quella del cardinale Carlo Maria Martini a Gerusalemme è una presenza discreta e defilata dalla vita pubblica. L’ex arcivescovo di Milano ha più volte ribadito di voler essere lì soprattutto per pregare e intercedere, in particolare per quel popolo che ha guidato come vescovo per oltre due decenni.

Non è raro vederlo in preghiera e raccoglimento nella basilica del Santo Sepolcro, seduto accanto agli altri fedeli e vestito come uno di loro, le mani appoggiate al bastone che negli ultimi tempi dà conforto ai suoi passi, resi talvolta incerti da quel compagno di strada che è il morbo di Parkinson.

La sera del 15 marzo a Betlemme, il cardinale Martini ha incontrato i 1.300 pellegrini milanesi venuti in Terra Santa con l’arcivescovo card. Dionigi Tettamanzi. La Messa presieduta da Martini nella chiesa di Santa Caterina, attigua alla basilica della Natività, è stata l’occasione per esprimere gli auguri di buon compleanno da parte della diocesi al cardinale gesuita, nato a Torino il 15 febbraio di 80 anni fa.

Dal punto di vista meteorologico i milanesi non hanno avuto fortuna. Il viaggio è stato accompagnato da maltempo e freddo. Arrivando a Betlemme s’è vista pure la neve. «Voi avete fatto una cosa che non era mai accaduta – ha osservato Carlo Maria Martini salutandoli -. Avete fatto il Natale nel mese di marzo, addirittura con la neve… Questa chiesa è piena quasi come la notte di Natale».

Poi ha proseguito per una ventina di minuti, nel corso dei quali ha invitato a non ripiegarsi nella lamentela e nel pessimismo e a comunicare con gli altri, credenti e non credenti, usando parole laiche e un linguaggio comune e però capace di far emergere la verità.

Ma in particolare Martini ha tracciato una sorta di sereno bilancio: «Da parte mia, per i miei ottant’anni, la gratitudine va soprattutto a voi. Il tempo certamente più bello, più ricco e più intenso sono i 22 anni e 5 mesi che ho trascorso a Milano. Un periodo in cui ho ricevuto molto e che tra l’altro, me ne sono accorto dopo, coincide esattamente con il tempo in cui sant’Ambrogio è stato arcivescovo di Milano. Almeno in questo ho imitato il mio predecessore».

Le letture della Messa, incentrata sul mistero della natività di Gesù Cristo, contenevano un invito alla gioia e il cardinale ha commentato: «La Scrittura dice: "Operiamo il bene perché i tempi sono cattivi". In questi tempi dobbiamo vivere gioia, esultanza, pace anche se sono tempi sofferti, dolorosi. Bisogna lasciarsi prendere da questa gioia per una natività che è anzitutto quella di Gesù, che illumina la storia ed è il centro del mondo. Ma anche gioia per la nostra natività. Ogni nascita è un’ipotesi per il bene o per il male. È un inizio non predeterminato, nel quale si può entrare in una via di oscurità, di frustrazione, di rabbia, di vendetta e di violenza, oppure di verità. Io debbo e posso esprimere un ringraziamento vivissimo a Dio perché il Signore nella sua bontà ha permesso che la mia vita si svolgesse, malgrado le mie resistenze, fatiche e negligenze, secondo una linea che mi dà molta gioia. Non credo di avere particolari rimpianti, o di dovermi leccare le ferite. Confido nella misericordia di Dio e so che il Signore è più grande del nostro cuore. Vorrei che ognuno di noi potesse guardare così alla propria vita, con una visione fiduciosa e ottimista».

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