Giovanni Damasceno (650-749) fu una personalità centrale nella storia della Chiesa dei primi secoli. Cresciuto alla corte islamica di Damasco e ritiratosi a morire nel monastero di San Saba (nei pressi di Betlemme), Giovanni fu polemista, poeta e teologo di valore, intento a misurarsi con le sfide del suo tempo. Un'epoca in cui la cristianità viveva uno dei momenti di maggiore e più visibile confusione. La lettura degli atti del XIII convegno ecumenico internazionale di Bose è un'ottima occasione per conoscere ciò che si è mosso dietro le quinte degli scritti di questo Padre della Chiesa vissuto al sorgere dell'islam.
(d.c.) – La sessione bizantina del tredicesimo Convegno ecumenico internazionale di Bose, di cui l’editrice Qiqajon ha pubblicato gli atti nel 2006, ha avuto per oggetto la figura fondamentale e poliedrica di Giovanni Damasceno (650-749), il dottore della Chiesa cresciuto alla corte islamica di Damasco e ritiratosi nel monastero di San Saba, in Terra Santa.
L’impatto culturale di Giovanni Damasceno (o, in arabo, Ibn Mansûr) è un esempio evidente di quale ricchezza possa scaturire da un dialogo e un confronto reale tra diverse idee e religioni. Giovanni scrive contro i greci iconoclasti di Costantinopoli, gli islamici con cui convive, gli ebrei, i manichei, i nestoriani presenti in Medio Oriente. E diviene fonte di ispirazione sia per il mondo cattolico, sia per la nascente teologia islamica, anch’essa alle prese con la difficile occupazione di concordare le grandi domande dell’uomo con il testo della Rivelazione.
Come bene hanno mostrato i contributi scientifici confluiti nel Convegno di Bose, l’origine degli scritti di Giovanni Damasceno risiede nella necessità pastorale prima che culturale di rispondere agli attacchi all’ortodossia cattolica provenienti da diversissime fonti. Quella che ne deriva è una parola pesante detta dal damasceno in più campi; dalla mariologia all’iconografia, dalla ricerca intorno all’incarnazione di Dio alla relativa confutazione di tutte quelle teorie che in qualche modo hanno mirato a limitarne il mistero e la portata, dalla definizione del libero arbitrio dell’uomo rispetto all’incombenza del Divino rivelato e del miglior rapporto che l’uomo può instaurare con lo Spirito e con la materia (temi, questi, ben presenti anche nelle dispute tra maestri del pensiero islamico).
Giovanni di Damasco è coraggioso polemista esecrato per decenni alla corte dell’impero bizantino, è poeta e teologo, ispira la liturgia e l’arte, campeggia come fonte nella teologia tanto orientale quanto occidentale (basti pensare a quante volte il suo De Fide Orthodoxa è citato nella parte più speculativa della Summa di Tommaso D’Aquino). Il teologo sostiene l’arduo compito dei cristiani più vicini a lui di difendere l’ortodossia in un clima culturale e politico avverso, tanto in Siria quanto nella diocesi di Gerusalemme in cui si fa monaco, mentre la marea islamica avanza e si rafforza in metodi e contenuti e la cristianità vive uno dei momenti di maggiore e più visibile confusione della sua storia bimillenaria.
La lettura degli atti del Convegno di Bose, è un’ottima occasione per conoscere ciò che si è mosso dietro le quinte degli scritti di Ibn Mansûr, un Padre al sorgere dell’islam.