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Corto da Oscar

Paola Rampoldi
27 febbraio 2007
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Corto da Oscar

Il 25 febbraio scorso ha vinto l'Oscar per la categoria dei cortometraggi. West Bank Story, film musicale del giovane regista Ari Sandel, è nato come parodia del celebre West Side Story e racconta la vicenda di due innamorati in Cisgiordania: David, un soldato israeliano, e Fatima, una giovane palestinese di professione cassiera in un negozietto che vende falafel. Ai meriti artistici del regista se ne aggiunge un altro: un quarto dei proventi dalla vendita del film in dvd sarà devoluto a due importanti esperienze di solidarietà tra israeliani e palestinesi: The Parents' Circle e Hand in Hand.


Il 25 febbraio scorso, a Los Angeles, s’è visto assegnare il premio Oscar per la categoria dei cortometraggi, West Bank Story è un film musicale del giovane regista Ari Sandel, che l’ha pensato come parodia del celebre West Side Story

Già prima di ricevere l’ultimo, prestigioso, riconoscimento l’opera aveva già partecipato a 115 festival, incassando 25 premi.

Si tratta della storia d’amore, ambientata in Cisgiordania, tra David, un soldato israeliano, e Fatima, cassiera palestinese in un fast-food di felafel (piccole polpette a base di fave o ceci). Relazione contrastata, per ovvie ragioni, dalle rispettive famiglie, che non riescono ad accettare l’unione dei due ragazzi. Trama che in sé potrebbe non costituire novità o sollecitare chissà quale attenzione, ma che nel contesto in cui è inserita, assume un valore particolare.

Il motivo dell’interesse e dell’apprezzamento del film, sia da parte della critica che del pubblico, infatti è dato dall’approccio originale che il regista ha utilizzato per narrare una storia all’interno del conflitto mediorientale.

Il regista considera il musical un ottimo strumento per astrarre la vicenda dei due innamorati, dalla tragicità del conflitto in corso, così che gli spettatori possono abbassare le loro difese, rilassarsi e identificarsi con i personaggi di entrambe le parti.

In una lunga intervista pubblicata tempo fa dal quotidiano Haaretz, Sandel affermava: «Ho guardato almeno cento documentari sul conflitto, ma ho notato che la maggior parte di questi era pro-israeliani o pro-palestinesi. Io invece ho voluto creare un film che facesse tre cose: attirare l’attenzione, far ridere e presentare una positiva ed equilibrata posizione in supporto alla pace».

Scopo infatti del regista è tentare di infondere speranza, confidando da un lato nell’aspetto catartico del film grazie alla commistione di musica, costumi, e una buona dose di humor; e dall’altro lato nella ferma convinzione che la pace è possibile e che può succedere.

Oltre che contribuire idealmente alla ricerca di quella pace che tutti auspicano, il film offre un’opportunità in più: il 25 per cento dei profitti sulla vendita del dvd che lo contiene verranno devoluti a due istituzioni impegnate nella creazione di possibilità reali di convivenza e di scambio tra le fazioni.

Una è The Parents’ Circle, forum composto da circa cinquecento famiglie israeliane e palestinesi che, avendo sperimentato la perdita di qualche caro durante il conflitto, rifiutano la violenza, e continuamente viaggiano insieme, spostandosi da un posto all’altro del Paese per testimoniare e auspicare la riconciliazione. In particolare la loro azione si svolge nelle scuole, dove tentano di instaurare il dialogo e promuovere una linea telefonica, Hello Peace, per la comunicazione fra israeliani e palestinesi.

Mentre Hand in Hand, è una realtà che sostiene scuole bilingui dove alunni arabi ed ebrei e le loro famiglie imparano e crescono insieme, sperimentando nella pratica che la convivenza pacifica non è impossibile.

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