Dal 1947 le grotte di Qumran attirano l'attenzione degli studiosi, dopo la casuale scoperte di antichi manoscritti, racchiusi in giare, da parte di un pastore beduino. Qumran rappresenta uno dei più avvincenti capitoli della storia dell'archeologia. E il suo mistero non è ancora del tutto chiarito.
Sponda nord-occidentale del Mar Morto, non lontano da Gerico. Su una terrazza marnosa si incontrano le rovine isolate che gli arabi chiamano Khirbet Qumran (dall’arabo khirbeh, rudere di pietra).
In questo paesaggio infuocato (nella depressione del Mar Morto il termometro supera spesso i 40 gradi) nella primavera del 1947 (gli indizi fanno pensare al mese d’aprile) un pastore beduino scoprì casualmente quella che oggi è chiamata Grotta 1, un chilometro a nord di Qumran. All’interno una serie di giare di terracotta, tutte più o meno cilindriche e munite di coperchio, nelle quali erano stati deposti dei rotoli avvolti nel lino.
Alcuni mesi dopo la scoperta, i beduini si recarono al mercato di Betlemme da un mercante d’antiquariato cristiano che prese in consegna i rotoli in cambio di pochi spiccioli e li portò a Gerusalemme. Alla fine del 1947 altri tre rotoli furono acquistati per vie analoghe da un archeologo dell’università ebraica di Gerusalemme (il professor Eliezer Lipa Sukenik) che si rese immediatamente conto dell’autenticità e dell’antichità dei testi. Si recò quindi a Betlemme presso il mercante al quale i beduini si erano rivolti originariamente, dove esaminò le giare provenienti dalla grotta e altri materiali manoscritti che acquistò in blocco.
Iniziava così una delle più straordinarie scoperte della storia dell’archeologia. Alla fine del 1951 gli studiosi cominciarono ad interessarsi a tutta l’area attorno alla grotta in cui furono rinvenuti i manoscritti. Ulteriori campagne di ricerca e di scavi portarono, alla fine di marzo del 1956, alla scoperta di altre dieci grotte contenenti manoscritti e resti di vario genere. Il totale di tutti i documenti frammentari ritrovati è di circa 900, la stragrande maggioranza in lingua ebraica, ma un considerevole numero è in aramaico. Ci sono anche pochi testi dell’Antico Testamento in greco.
Per una lunga stagione, Qumran è stato identificato come il luogo degli esseni, un movimento giudaico molto misterioso, una sorta di confraternita monastica che si sarebbe ritirata su quelle alture in volontario esilio. I manoscritti del Mar Morto, rinvenuti nelle grotte circostanti Qumran, avrebbero fatto parte della biblioteca di questo gruppo di segregati.
Nel corso degli anni alcune ipotesi legate ai frammenti del Mar Morto e il mistero legato agli esseni hanno alimentato fantasie e teorie disparate. Puntualmente messe in crisi da successive indagini paleografiche o archeologiche. Al punto che, a sessant’anni dalla scoperta dei primi rotoli, il mistero che circonda Qumran e la provenienza dei testi rinvenuti nelle grotte è lungi dall’essere risolto.
Dell’argomento si occupa nel numero di gennaio-febbraio (di prossima uscita), la rivista Terrasanta, con contributi di noti specialisti nel campo delle scienze bibliche e dell’archeologia: Frédéric Manns, Claudio Bottini, Michele Piccirillo, Gregor Geiger e Massimo Pazzini.