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Perché solo Matteo e Luca ci raccontano la nascita del Cristo? Cosa significa che Maria di Nazareth è Madre di Dio? Ancora: Gesù è davvero nato il 25 dicembre? Le risposte di un noto biblista...

Sette domande sulla Natività

Frédéric Manns
13 dicembre 2006
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Sette domande sulla Natività
Giovanni di Paolo, Natività e annuncio ai pastori (dettaglio), Pinacoteca Vaticana

 


È appena stato pubblicato in Francia un volume di padre Frédéric Manns sui Vangeli dell’infanzia. Intitolato Que sait-on de Marie et de la Nativité («Cosa sappiamo di Maria e della Natività», Bayard Presse, Parigi 2006), il testo affronta le questioni sia storiche sia esegetiche legate alla nascita di Gesù. Da appassionato divulgatore, padre Frédéric chiude la sua opera riassumendo in trenta domande i principali quesiti e le curiosità sull’evento che ha cambiato il corso della storia. Pubblichiamo in una nostra traduzione un brano del capitolo conclusivo.

1. I racconti dell’infanzia sono presenti solo in Matteo e Luca. Perché mancano negli altri Vangeli?
I Vangeli sono innanzitutto l’annuncio della «buona novella della salvezza» che si è manifestata nella morte e risurrezione di Gesù. Non sono biografie nel senso moderno del termine. Matteo, che scrive per i giudei-cristiani, conosceva i racconti dell’infanzia di Mosè che la Sinagoga meditava. Luca, o la sua fonte giudeo-cristiana, preferisce seguire il modello dell’infanzia di Samuele che gli parla di più. Il Vangelo di Marco lascia indovinare una tappa precedente della tradizione in cui le parole e le azioni di Gesù sono trasmesse al di fuori di ogni presentazione d’insieme. Quanto al Vangelo di Giovanni, la sua alta teologia e il suo linguaggio simbolico lasciano poco spazio ad una riflessione sull’infanzia di Gesù. Solo Matteo e Luca hanno aggiunto un’introduzione che si usa denominare «racconti dell’infanzia». Lo scandalo di un Dio che aveva sofferto splendeva già nel corso della sua infanzia, che evoca il rigetto del bambino-Dio da parte delle autorità e la sua accettazione da parte dei poveri. I pittori delle icone, che spesso hanno idee geniali, rappresenteranno la culla di Gesù e la sua tomba nella stessa maniera. Non si poteva sottolineare in modo più originale questa inclusione nella storia della salvezza. Matteo e Luca hanno voluto dare una risposta al problema della nascita del Messia, il quale non è nato da Giuseppe, figlio di Davide. Essi vedono nell’origine del Cristo una nuova creazione e l’inaugurazione dei tempi escatologici annunciati dai profeti. Lo Spirito di Dio si rende presente in Gesù, principio della creazione nuova.

2. Perché la versione di Matteo è diversa da quella di Luca?
I due evangelisti si rivolgono a uditori diversi e tengono conto della mentalità dei loro ascoltatori. Di più, questi racconti annunciano i grandi temi che saranno orchestrati nel seguito del loro Vangelo. Da tempo gli esegeti hanno notato che un ritornello ritma cinque volte il Vangelo di Matteo: «Quando Gesù ebbe terminato questi discorsi» (7,28; 11,1; 13,53; 19,1; 26,1). Questo ritornello, considerato un elemento strutturante, permette di dividere il Vangelo in cinque parti. Non sorprende che il suo racconto dell’infanzia sia diviso in cinque scene che iniziano con un genitivo assoluto: la genealogia, la concezione miracolosa di Gesù (Maria era promessa al matrimonio), l’arrivo dei Magi (dopo che Gesù è nato), la fuga in Egitto accompagnata dalla strage degli innocenti (dopo la partenza dei Magi) ed infine il ritorno dall’Egitto (dopo la morte di Erode). Cinque citazioni dell’Antico Testamento vi sono inserite. Sappiamo che il numero cinque evoca i cinque libri della Torah. Ai cinque libretti furono aggiunti i racconti della passione-risurrezione e quelli dell’infanzia, in modo da costituire un insieme armonico di sette parti, una grande menorah.
Le cinque citazioni del Primo Testamento in Matteo 1-2 contengono tutte la parola «figlio», come esige l’esegesi giudaica (Mt 1,23=Is 7,14; Mt 2,6=Mi 5,3; Mt 2,15=Os 11,1; Mt 2,18=Ger 31/38,15; Mt 2,23=Gdc 13,5). Il racconto termina con la nota dell’abitazione in Galilea. In breve, l’intero itinerario del Vangelo soggiace a questi racconti: rigettato dai capi del popolo, Gesù si reca nella Galilea delle genti.
Sette temi formano un’inclusione nel Vangelo: l’Emmanuele annunciato nel racconto dell’infanzia (Mt 1,23) è identico al Risorto che rimane con i suoi fino alla fine dei secoli (Mt 28,20). Gesù è presentato come il re dei Giudei in Mt 2,2 e 27,32. È il Salvatore (Mt 1,21 e 27,42) e il Nazareno (Mt 2,23 e 26,71). L’angelo del Signore interviene in Mt 1,20 e 28,2, così anche lo Spirito Santo, principio del mondo nuovo, in Mt 1,20 e 28,19.
In questi racconti è utilizzato il simbolismo dei numeri. Nella genealogia di Gesù, Luca risale fino ad Adamo, mentre Matteo inizia con Abramo. Ma gli esegeti hanno notato che le iniziali dei tre nomi citati da Mt 1,1 rimandano ugualmente ad Adamo (Abramo, Davide e Messia). È la tecnica giudaica del notaricon quella che Matteo sfrutta. Matteo divide la sua genealogia in tre gruppi di quattordici generazioni e fa appello al valore numerico (ghematria) della parola Davide, che equivale a quattordici. La ripartizione degli antenati di Gesù in tre serie di quattordici obbliga Matteo ad omettere tre re tra Joram e Ozia, e a contare Jeconia per due, poiché la parola greca può tradurre le parole Joiachim e Joiakin.
Luca, che non fa dichiarazioni sui numeri, conta comunque 77 concatenamenti nella genealogia di Gesù, poiché nel mondo giudaico il numero sette è il simbolo della perfezione. La profetessa Anna ha raggiunto questa perfezione, perché ha 84 anni (12×7). Inoltre, Luca sottolinea la cronologia dell’infanzia in 70 settimane. Tra la concezione del Battista e la presentazione al Tempio, si devono aggiungere i 6 mesi della gravidanza di Elisabetta, i 9 mesi della gravidanza di Maria e i 40 giorni dopo la nascita. Il tema delle 70 settimane rimanda al libro di Daniele 9,24, che prevede in questo contesto la consacrazione del Messia a Gerusalemme. Per i giudei abituati alle tecniche midrashiche, Gesù è l’Unto di Dio, il Messia.

3. Qual è il genere letterario dei Vangeli dell’infanzia?
Un genere letterario è un certo modo di esprimersi proprio di un contesto di vita. Tra i generi letterari più conosciuti figurano i racconti storici, le favole (Gdc 9,7-20), i proverbi, le preghiere dei salmi, i racconti di vocazione, gli oracoli profetici, ecc. I racconti dell’infanzia sono dei midrashim cristiani. Mentre il midrash giudaico spiega la Scrittura con la Scrittura, il midrash cristiano pone la Scrittura a servizio della vita di Cristo, che è la chiave della Scrittura.
Il Nuovo Testamento è scritto in greco ma riflette la mentalità giudaica. Matteo presenta l’origine del Figlio di Dio come una nuova creazione; Luca la presenta come una nuova forma della presenza escatologica di Dio in mezzo al popolo.
Bisogna demitizzare questi racconti? Il mito è un racconto favolistico che mette a confronto eroi umani con le divinità o con le forze della natura. La funzione, simbolica ed esplicativa nello stesso tempo, dei miti antichi ha fatto sì che la parola indichi anche le grandi figure nelle quali una nazione riconosce i suoi valori fondamentali. I racconti dell’infanzia riprendono il linguaggio biblico, a volte quello della Bibbia greca dei Settanta, e non il linguaggio mitico. Se non sono miti, la demitizzazione è un falso problema.
La nascita di Gesù a Betlemme non è che la realizzazione della profezia di Michea? Come spiegare allora le origini nazaretane di Gesù (Mc 1,9.24; 3,2)? Gesù è nato a Betlemme; è affermato da tutta la tradizione. I Vangeli devono superare il problema posto dal fatto che Nazaret non è menzionato nel Nuovo Testamento. È per questo che essi insistono sulle origini nazaretane di Gesù. In Gv 7,42 gli avversari di Gesù gli rimproverano di non essere nato a Betlemme. L’ironia giovannea è sferzante. Ma questo rimprovero è vano, poiché i suoi avversari ricusano la sua affermazione: "Io sono disceso dal cielo". Gesù è la Parola di Dio fatta carne senza volere di carne (Gv 1,13).
I cristiani hanno fatto una lettura corretta di Isaia 7 che afferma che il Messia sarebbe nato da una «giovane donna»? Essi hanno letto Isaia 7 nella versione greca che parla di una «vergine» (parthenos). In genere essi preferiscono la versione greca alla versione ebraica, che parla di almah: la giovane donna.
Nella sua opera Contra Celsum, Origene attesta che verso la fine del secondo secolo circolavano liberamente certe accuse che mettevano in causa la verginità di Maria. Gesù sarebbe nato da una adultera: un soldato romano chiamato Pantera avrebbe violentato Maria, la cui attività era filare la lana. Ripudiata dal marito a causa della sua infedeltà, Maria avrebbe partorito in segreto. Suo figlio, spinto dalla povertà, sarebbe fuggito in Egitto, dove sarebbe stato iniziato alla magia nera che gli permise più tardi di presentarsi come un dio.

4. «Essendo Maria fidanzata». Cosa rappresentava il fidanzamento per i giudei?
Fino all’età di dodici anni e mezzo, la ragazza dipendeva dal padre. Poteva essere fidanzata e poi sposata a partire da questa età. Il fidanzamento regolava l’accordo tra due famiglie che erano legate al pagamento di un regalo, chiamato mohar, fatto dal futuro marito alla famiglia della fidanzata. Questa non era ancora chiamata sposa, ma il suo statuto originario era modificato da questo accordo previo. Ogni infedeltà era punita poiché attentava ai diritti acquisiti.
Il fidanzamento di Giuseppe e Maria si spiegano in questo contesto. Maria è fidanzata a Giuseppe. Egli non l’ha ancora presa con sé, oppure in termini più generali, essi ancora non abitavano insieme quando lei si accorge di essere incinta. Giuseppe può rompere il contatto e sogna di farlo segretamente, ma l’apparizione di un angelo gli fa cambiare idea.

5. Perché Maria depose suo figlio in una mangiatoia?
Il Vangelo di Luca risponde: «Perché non c’era posto per lei nella sala comune». Si può commentare così: perché il posto di una partoriente non era in una sala comune. Nella tradizione biblica, la partoriente era impura per 40 giorni se aveva partorito un maschio, e per 80 giorni se aveva partorito una femmina. Di più, la partoriente trasmetteva la sua impurità agli altri. Per questo le donne osservanti della Legge preferivano ritirarsi in un luogo discreto per non complicare la vita altrui. La presenza dell’asino e del bue alla mangiatoia spiega il versetto di Isaia 1,3: «Il bue conosce il suo proprietario e l’asino la mangiatoia del suo padrone. Israele non sa, il mio popolo non intende». Il Vangelo apocrifo dello Pseudo Matteo ha richiamato questo versetto.

6. Gesù è nato il 25 dicembre? Di quale anno? Bisogna ancora credere ai Magi?
La data del 25 dicembre per celebrare la nascita di Gesù risale al IV secolo. Essa intendeva cristianizzare la festa popolare del Sole invitto celebrata nel solstizio d’inverno. Gesù è nato probabilmente nell’anno 6 prima della nostra era. Il Natale era fissato nel giorno del solstizio d’inverno, il 25 dicembre. L’annunciazione di Maria è celebrata nel giorno del solstizio di primavera, il 25 marzo.
La Scrittura annuncia l’apparizione di una stella in un oracolo messianico del libro dei Numeri (cap. 24). I Salmi annunciano che i re di Saba e di Seba porteranno offerte. Nulla esclude che dei Nabatei siano venuti dall’Oriente a Gerusalemme. Per lo storico Giuseppe Flavio, avevano contatti con Gerusalemme. La tradizione posteriore fisserà a tre il numero dei Magi.

7. Cosa significa l’espressione: Maria, Madre di Dio?
Il Catechismo della Chiesa Cattolica, al paragrafo 466, si esprime così: «Il Verbo, unendo a se stesso ipostaticamente una carne animata da un’anima razionale, si fece uomo. L’umanità di Cristo non ha altro soggetto che la Persona divina del Figlio di Dio, che l’ha assunta e fatta sua al momento del suo concepimento. Per questo il Concilio di Efeso ha proclamato nel 431 che Maria in tutta verità è divenuta Madre di Dio per il concepimento umano del Figlio di Dio nel suo seno; Madre di Dio non certo perché la natura del Verbo o la sua divinità avesse avuto origine dalla santa Vergine, ma, poiché nacque da lei il santo corpo dotato di anima razionale a cui il Verbo è unito sostanzialmente, si dice che il Verbo è nato secondo la carne». Di fatto, colui che Maria ha concepito come uomo per azione dello Spirito e che è divenuto suo Figlio secondo la carne è il Figlio eterno del Padre, la seconda persona della Trinità. La Chiesa confessa che Maria è la Theotokos. Contestare che Maria sia la Madre di Dio è negare l’unità personale e divina di Cristo e, contemporaneamente, la salvezza degli uomini.

(L’autore è docente presso lo Studium Biblicum Franciscanum di Gerusalemme. Traduzione dal francese di Giorgio Vigna)

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